F. 36. Flauto d’accordo a pompa (pitch pipe)
inglese, prima metà del XIX secolo, in legno di mogano e abete. Questi flauti
erano utilizzati per dare la nota ai cori; la nota che emette a coulisse
rientrata è il La. Lo strumento, a forma di parallelepipedo di lato mm. 45 x
50, è lungo 380 mm. mentre a coulisse estratta è di mm. 550.
F. 42. Pitch pipe inglese (flauto d’accordo a
pompa), prima metà del XIX secolo, in legno di mogano ricoperto in cuoio.
Questi flauti erano utilizzati per dare la nota ai cori; sulla coulisse sono
segnate le varie note da Sol3 al Do4 con le tacche per un’accurata intonazione.
Lo strumento, a forma di parallelepipedo di mm. 30 per lato e mm. 240 di
lunghezza più mm. 40 d’imboccatura: la coulisse ha il lato di mm. 22 ed è lunga
mm. 224 senza l’impugnatura.
H. 3. Armonium inglese, da camera, costruito a
Londra nel 1903 dalla ditta BOYD Ltd, Class 39. E' interamente in legno di
rovere compresa la tastiera a trentanove tasti (dal Fa al Sol) ma è privo del
sommiere e della ginocchiera originale.
H. 4. Piccolo Armonium italiano a pedali, fine
‘800, costruttore dott. Graziano Tubi / Lecco, quattro ottave e tre registri:
espressione, flauto e clarino, costruito in abete mordenzato e palissandro
ebanizato.
H. 13. Organo ad ancia, costruito a cavallo del
XIX e XX secolo, marchiato: Estey Organ Co Brattleboro Lt U.S.A. Questi
strumenti furono usati principalmente per l’accompagnamento musicale nelle
cappelle metodiste in sostituzione degli organi a canne. Essi funzionano come
gli armonium, con delle ance metalliche disposte su di un somiere, messe in
vibrazione dall’aria pompata da due pedali quando sono liberate dal movimento
dei tasti. Questo strumento presenta dieci registri e due ginocchiere.
H. 14. Organo positivo che sul prospetto della
tastiera mostra la scritta: Fecit anno / 1822 e all’interno un cartiglio con la
scritta: Michelangelo Colameo. Questo costruttore fu attivo a Napoli fino alla
metà del XIX secolo. Lo strumento però mostra una struttura costruttiva della
prima metà del XVIII secolo, per cui è molto probabile che il Colameo avesse
operato solo un restauro, sembrano infatti successive sia il prospetto con la
data che la parte inferiore. Le dimensioni della parte inferiore sono: L. cm.
58, h. cm. 52, P. cm. 43, mentre le dimensioni della parte superiore sono L.
cm. 51,5, h. cm. 65, P. cm. 28. Nella parte superiore ci sono due sportellini
che, aperti, mostrano una facciata dal profilo piatto composta di tre piramidi
con 7 + 5 + 7 canne di facciata, appartenenti al registro del Principale con la
più grande posta al centro. Le bocche sono allineate nella piramide centrale
mentre sono arcuate, con le più alte ai lati, in quelle laterali; sono con
mitria segnata a scudo e barba segnata a scudo. La tastiera originale è
incorporata sulla parte decorativa lignea soprastante dello strumento, con
meccanica sospesa di collegamento al somiere di venticinque note; sulla destra
della tastiera sono posti i pomelli di ottone per l’inserimento dei registri.
Lo strumento è suddiviso in due unità; una contenente la manticeria sulla parte
bassa e la seconda contenente il somiere, le meccaniche, la tastiera e le
canne. Tale strumento è del tipo a trasmissione meccanica sospesa per la
tastiera e meccanica per l’inserimento dei registri. Il somiere della tastiera
è del tipo a “tiro” con canale a ventilabro orizzontale per nota. La consolle
si può considerare integrata nella parte armonica-decorativa dello strumento ed
è composta di una tastiera di venticinque tasti (Do1 – Do3) in bosso i
diatonici ed ebano i cromatici con prima ottava reale. Alla destra della
tastiera troviamo la tavola di registrazione con gli appositi pomelli in ottone
i quali, tirandoli verso l’esterno, inseriscono i registri. La disposizione
fonica dispone di tre registri sul somiere maestro ed è la seguente partendo
dalla facciata: Vigesimaseconda (1/2 piede), Vigesimanona e Trigesimaterza
(ritornello al II Sol diesis). Le canne di facciata sono realizzate in lega
piombo-stagno in buona percentuale, quelle interne rivelano una buona
trafilatura della lastra metallica formata da lega di piombo stagno a bassa
percentuale, tutte sono labiali ed hanno forma cilindrica. L’apparato della
manticeria è posto nel basamento dello stesso ed è costituito da due mantici a
cuneo azionati da due corde che fuoriescono dai due fori laterali. Un foro con
incastro si scorge alla sinistra della tastiera sulla base dello strumento ove
alloggiano i mantici e sicuramente serviva per azionare il dispositivo di regolazione
del flusso d’aria al somiere per rendere più debole lo strumento mediante
l’apertura o chiusura di un’apposita valvola. La firma del Colameo è apposta
tra la parte interna della tastiera e la catenacciatura. Il diapason è di 417
Hz, tipico degli strumenti napoletani del primo ottocento. Le dimensioni
ridotte fanno pensare a un organo da processione. Vi è un’unica raccolta di
musica di pregio concepita per organi processionali con estensione di due
ottave, vale a dire una raccolta di "Ricercari" di P.L. da Palestrina
di recente edite a cura di Liuwe Tamminga. All'interno della raccolta, circa
metà dei brani sono eseguibili su un organo di estensione di due ottave.
H. 20. Armonium portativo (guida voce) italiano
prodotto dalla celebre ditta dott. Graziano Tubi di Lecco e commercializzato
dalla ditta Giovanni D’Avenia di Napoli, fabbricanti di pianoforti dal 1860,
con sede in via S. Sebastiano 40. Graziano Tubi (Milano 1825 – Lecco 1904) fu
un eclettico imprenditore lombardo che fondò l’omonima fabbrica di armonium nel
1860 a Milano e nel 1868 la trasferì a Lecco. Egli, intorno al 1870, ricordando
l’invenzione di questo strumento scrisse: Lo
studio della musica e il desiderio di possedere un istrumento a tastiera
completo e portatile, mi condusse all’invenzione di un armonium portatile
applicabile al pianoforte, e quella invenzione mi condusse a stabilire il
Italia una fabbrica di armonium, che io stesso dirigo, e che produce
attualmente un istrumento completo al giorno….. Lo strumento è contenuto nella custodia
originale di cartone pressato e metallo con apertura laterale per inserire il
tubo di insufflazione delle dimensioni di mm. 215 x 265 x 515. All’interno del
coperchio vi è una pubblicità cartacea della produzione della ditta Tubi con,
in alto a sinistra il marchio: DITTA / D. G. TUBI / LECCO ITALIA e in alto a
destra il marchio del suonatore di zampogna circondato da tre pecore. L’estensione
va dal Fa3 al Do6 e il suono è prodotto dal fiato insufflato nei mantici
attraverso un tubo di gomma. Lo strumento risale al settimo decennio del XIX
secolo
H. 23. Liebmannista per organo costruito nel primo
decennio del XX secolo. Questo è un dispositivo che si inserisce sulla tastiera
di un organo e produce gli accordi
schiacciando i tasti corrispondenti all’accordo voluto tramite lunghe leve
comandate dai pulsanti posti nella parte superiore dello strumento. La Liebmann
di Gera, maggior costruttore di organi a canne in Turingia, brevettò un
dispositivo (poteva essere incorporato o rimovibile) col nome
"Liebmannista". Il DRGM (Deutsche Reich Gebrauchs Muster) 283302
rilasciato il 21 giugno 1906 lo indicava come: Harmoniumspielapparat, dessen
Griffbrett mit den auf die Tasten einwerkenden Druckschienen seitlich
verschieb-und einstellbar ist." (Dispositivo per suonare l’organo con una
tastiera mobile, a pulsanti e regolabile lateralmente). Questo strumento
presenta 39 pulsanti, disposti in 3 file di 13 ciascuno e 53 leve (da La2 a
do#7). Ogni pulsante contrassegnato con i codici 1 ͯ - 13 ͯ per la prima fila
che da gli accordi maggiori, 1 - 13 per la seconda fila per i minori e 1° - 13°
per la terza fila per l’armonico. È marchiato Liebmannista - DRGM 283302 e vi è
una targhetta del negoziante con la scritta: SEIT ÜBER 40 JAHREN / KLAVIERBAUER
KORB; Zschopauerstr. / 129 / CHEMNITZ – SÜD; SEIT ÜBER 40 JAHREN / BESTE U.
BILLIGSTE BEZUGSQUELLE / FÜR FLÜGEL – PIANOS – HARMPONIUMS / REPARATUR – KAUF –
TAUSCH – MIETE. È largo mm. 872, alto mm. 60 e profondo mm. 333 di cui 151 per
la parte che poggia sulla tastiera e 182 per quella inserita nell’armonium. Un
gran numero di brani sono stati pubblicati con la musica in notazione speciale
per il Liebmannista e sono quasi tutti accompagnamenti di canzoni.
J. 36. Serpentone anonimo, francese, costruito
probabilmente tra la fine del ‘700 e i primi decenni del ‘800. Questo è lo
strumento contrabbasso della famiglia dei cornetti curvi, costruito in due
pezzi di legno scavato, ricongiunti e ricoperti di pelle. Questo strumento non
ha chiavi e presenta tre fori all’altezza del terzo gomito e tre all’altezza
del quarto. La ghiera, il cannello e il bocchino (non originale) sono in
ottone.
J. 89. Cornetto tenore, presumibilmente italiano
databile alla seconda metà del XVI secolo. Lo strumento è costituto da un pezzo
di legno tagliato in due metà, scolpite all’interno per crearne la cameratura
conica, incollate e ricoperte di pelle dipinta di nero. È estremamente raro per
le condizione in cui è giunto a noi, presentando solo una piccola perdita di
legno alla campana e piccole perdite di pelle: ha solo sei fori anteriori, per
una lunghezza totale mm. 860 lungo la curva 904 sul dorso, la campana ha un
diametro di mm. 74 mentre l’imboccatura, priva del bocchino originale, è di mm.
25. Questo strumento, chiamato Cornetto in Italia, Zink in Germania, Cornet à
bouquin in Francia, Corneta in Spagna, Cornett nei paesi anglofoni, si sviluppò
intorno all'inizio del XIV secolo e rimase in uso comune fino al XVII secolo.
Il suo periodo di massimo splendore fu il XVI e l'inizio del XVII secolo,
quando era lo strumento a fiato più apprezzato. Questa è la descrizione del
cornetto data da Girolamo Della Casa nel suo trattato sulle diminutioni
(abbellimenti-variazioni) pubblicato a Venezia nel 1584. «Degli strumenti a
fiato il più eccellente è il Cornetto per imitar la voce umana più degli altri
strumenti. Questo strumento si adopera piano e forte, et in ogni sorta di
Tuono, si come fa la voce. Bisogna dunque esercitarsi a far buono strumento, e
guardarsi di non far il strumento che abbi del Corno né del muto. Dunque si
deve accomodar il labbro talmente, che faccia buon strumento, il labbro aperto
fa il strumento che ha del corno et muto, il labbro troppo stretto fa il
strumento fesso. Dunque si tenerà la via di mezzo. Vuol essere suonato con
discrezione e giudizio. La lingua vuol non essere né troppo morta né troppo
battuta: ma vuole esser simile alla gorgia. Poi nella minuta far poca roba, ma
buona. Si che ognuno tendi al bel strumento, alla bella lingua et alla bella
Minuta, et ad imitar la voce umana, più che sia possibile».
K. 15. Timpano proveniente dalla regione della
Slesia (Polonia al confine con la Repubblica Ceca e la Germania), costruito
nella prima metà del XVIII secolo. Gli strumenti francesi erano in ottone
mentre quelli tedeschi e inglesi in rame: la caldaia è realizzata in lastre di
rame mentre in ferro battuto sono i supporti e le nove borchie laterali a forma
di giglio. La tensione della pelle è ottenuta dal cerchio e dai bulloni con
testa quadrata forgiati in ferro. Nei timpani del primo settecento la pelle
veniva tesa stringendo i tiranti a vite (come in questo strumento), disposti in
modo regolare lungo tutto il bordo della caldaia, che premevano il cerchio
applicato intorno al bordo. Questi tiranti erano girati con apposite chiavi per
accordare il timpano ma questo procedimento risultò essere troppo lento,
scomodo e molto rumoroso per cui, nell’ottocento, le viti tiranti furono
costruite a forma di T, in modo da poterle girare con le mani. Dimensioni:
altezza mm. 580, diametro 645, profondità della caldaia 349, all’interno della
quale vi è un grande imbuto interno (schalltrichter) al di sopra del foro di
sfiato.
M. 13. Raganella, strumento popolare italiano della
fine del ‘700. Questo strumento, a legno sfregato, era utilizzato anche nei
monasteri e nelle chiese, durante la Settimana Santa, come sostituto delle
campane, mandate a Roma per essere benedette. Lo strumento, lungo 210 mm., è di
accurata fattura, in noce e impugnatura di legno chiaro (pioppo?). E’ marchiato
con 3 R ripetute su tre lati del castelletto che sostiene la lamina, mentre sul
quarto lato le R sono quattro, su due lati vi è anche una palma disegnata tra
le R, questo marchio potrebbe indicare il monastero di provenienza.
M. 14. Raganella doppia, strumento proveniente da
un monastero belga della fine del '700. Questo esemplare presenta una doppia
lamina e due ruote dentate montate in maniera sfalsata tra loro che ne
aumentano la sonorità. Lo strumento è in legno scuro mentre l’impugnatura è in
legno diverso ma sempre accuratamente tornito. E' marchiato S C C sul
castelletto che sostiene le lamine.
M. 15. Raganella proveniente dalla Chiesa di S.
Michele di Montemesola (TA), prima metà dell'Ottocento, costituita da due
lamine con una ruota dentata centrale. Lo strumento è in legno dolce dipinto di
nero con rinforzi metallici alle estremità e della lunghezza di 425 x 90 mm.
Questo strumento era utilizzato durante la processione dei Misteri il Venerdì
Santo.
M. 16. Troccola proveniente dalla Chiesa di S.
Michele di Montemesola (TA), datata 1791, in legno dipinto di nero, con tre
maniglie metalliche per lato. Il suono metallico caratteristico si produce
quando il troccolante scuote lo strumento facendo sbattere le maniglie contro
dei pioli metallici posti in corrispondenza dell'area di battuta delle
maniglie. Lo strumento, della lunghezza di 544 x 32 mm., era utilizzato durante
la processione dei Misteri il Venerdì Santo.
M. 30. Campanaccio votivo sardo in legno chiaro,
con due batacchi lignei e cordicella in cuoio, databile alla fine del XIX
secolo. Questo strumento era appeso al collo dell’animale ammalato con,
all’interno, un foglio su cui era scritta una preghiera e una manciata di erba
e terra che ne impediva il suono, per implorare la guarigione dell’animale. Le
dimensioni approssimative sono di mm.191 x 133.
M. 43. Campanaccio sardo in legno d’olivo, dalla
forma ovoidale e un semplice fregio ai bordi, con due batacchi lignei e
cordicella, databile alla fine del XIX secolo. Questo è uno strumento della
liturgia popolare utilizzato per favorire la guarigione degli animali ammalati.
Le dimensioni approssimative sono di mm. 302 x 141 x 71.
M. 46. Tavola con maniglie (troccola) per bambini.
Costruita nella città vecchia di Taranto, nei primi decenni del XX secolo, e
destinata ai piccoli che partecipavano alle processioni della Settimana Santa.
Questo strumento è di piccole dimensioni, lungo mm. 303 e di larghezza massima
mm. 131, ed ha una sola maniglia battente per lato.
M. 54. Statuette in terracotta, di fattura
popolare, raffiguranti i confratelli, chiamati perdoni, che partecipano ai riti
della Settimana Santa di Taranto. Vi è una coppia di perdoni, il trono (posta
con tre confratelli) e il troccolante (il confratello che apre la processione
suonando la troccola) della confraternita dell’Addolorata, abito bianco con la
mozzetta nera e il cappello sulla schiena, scarpe nere con fiocco bianco:
abbigliamento utilizzato durante la processione dell’Addolorata. Vi sono poi i
due bambini potatori delle pesàre, il confratello che porta il gonfalone,
quello che porta la croce dei misteri, una coppia di perdoni e il troccolante
(questi ultimi con il cappello sul capo) in abito bianco con mozzetta crema,
bastone, rigorosamente scalzi, cappello nero con fascia azzurra e grembiule con
la scritta decor e carmeli tipici dei confratelli del Carmine durante la
processione dei Misteri.
M. 59. Raganelle (trozzole o trictrac), costruite
nella provincia di Bari nei primi anni del XX secolo. La raganella,
probabilmente inventata da Archita da Taranto, è un idiofono a raschiamento il
cui suono è prodotto da una lamella, messa in vibrazione da una ruota dentata.
Normalmente essa è azionata da una manovella ma in questi esemplari, costruiti
per i bambini che accompagnavano le processioni della Settimana Santa, gira
solidalmente alle due ruote. Gli strumenti, in abete, sono lunghi mm. 970 e mm.
1119, hanno il telaio che continua nel lungo manico che termina con
un’impugnatura per permettere di far rotolare sul terreno le ruote mentre la
lamella è unica ma con due grossi denti, uno per ogni ruota dentata.
M. 115. Tràccola realizzata nella prima metà del XX
secolo in Italia Meridionale, probabilmente in Calabria. La tràccola è un
idiofono a percussione indiretta con scatola risonante; è costituito infatti da
una scatola in legno delle dimensioni di mm. 201 x 335 x 80. All’interno vi
sono tre martelletti lignei ancorati su un lato corto e un cilindro, azionato
da una manovella lignea posta sul lato lungo, dotato di due speroni per ogni
martelletto. La manovella aziona il cilindro che sollecita i martelletti i quali
percuotono il fondo della cassa producendo un suono sordo e secco. Era usato in
passato nelle cerimonie religiose della Settimana Santa in sostituzione delle
campane.
N. 3. Shofar, corno ebraico rituale e da caccia
(Jagdzink), col quale si possono eseguire semplici melodie. E' un corno
naturale con bocchino interno, che permette la produzione di un certo numero di
armonici (spesso dipendenti dall'abilità dell'esecutore). Questo strumento
risale alla fine del ‘800 e si distingue per l’ottima fattura, la linea
elegante, il colore nero intenso e il materiale piuttosto raro e pregiato:
corno di Gemsbok (Orice della Namibia, una varietà di gazzella importata in
Europa dal 1500) che denotano un pezzo di levatura elevata. La lunghezza è di
mm. 878.
N. 43. Sistro (Tsina Tsil o Senasel) liturgico
utilizzato dai preti della chiesa copta dell’Etiopia durante la festa Mascal,
mentre procedono in processione intorno alla chiesa. Questa è la festa
commemorativa dell’invenzione della Croce, che si celebra in Etiopia il 17
maskaram, coincidente con la fine di settembre o i primi d’ottobre del
calendario giuliano. La leggenda, nella sua forma vulgata presso la chiesa
copta, vuole che s. Elena, incerta del luogo dove si trovasse il sacro legno,
si lasciasse guidare dal fumo di un falò acceso dopo ardenti preghiere. In
ricordo di ciò si accende un gran falò composto di croci di legno (damarà). Lo
strumento, costruito nella seconda metà del XX secolo, proviene da Debre
Birhan, piccola cittadina del nord Etiopia, è in ferro e nichel, ha il manico
in corno, è lungo mm. 235 e largo mm. 75. Lo strumento è costituito da una
struttura metallica con due assi con tre e due piattini.
N. 57. Shofar in corno di antilope Kudu
(Tragelaphus strepsiceros), databile tra la fine del XIX secolo e l’inizio del
XX, di fattura yemenita. Lo shofar è usato per annunciare la luna nuova e le
feste solenni così come per proclamare l'anno del Giubileo. Viene suonato anche
il primo giorno del settimo mese (Tishri) per proclamare Rosh haShana. Questo
strumento è ricavato da un grosso corno di kudu, di colore cangiante sulle
tonalità del marrone, a due volute per una lunghezza di mm. 1112.
N. 58. Shofar askenazita (popolazione ebraica di
origine centroeuropea), databile tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX,
in corno di montone. Questo è uno degli strumenti a fiato più antichi che
l'uomo conosca ed è ancora usato, nel suo significato simbolico, durante le
cerimonie sacre del popolo di Israele. Questo corno, spiccatamente curvo, è
lungo mm. 552 circa ed emette un suono potente e penetrante.
N. 60. Hokiokio, coppia di strumenti rituali
dell’Isola di Papua utilizzati nei riti di corteggiamento. Attualmente, in
tutta l’area hawaiana, sono costituiti da piccole zucche piriformi (ipu
hokiokio) con alcuni fori per le dita e un foro d’insufflazione superiore come
gli xun e sono suonati dai due amanti con il naso producendo un suono debole e
delicato. Questa coppia di strumenti è particolarmente pregiata, fatta in corno
animale riccamente decorato a forme geometriche e floreali e databile alla
prima metà del XIX secolo. L’estremità più larga termina con una chiusura di
legno mentre quella più stretta è affilata e costituisce il labium su cui si
frange il fiato dell’esecutore ed è chiusa da un piccolo tappo ligneo a figura
antropomorfa. Lo strumento con la figura maschile è alto mm. 177 che divengono
219 con il tappo. Lo strumento con la figura femminile è alto mm. 179 che
diventano 190 con il tappo.
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