A. 4. Tympanon ricostruito partendo da una
terracotta magnogreca raffigurante una menade con un tympanon, della seconda
metà del III secolo a. C., trovata a Taranto nel 1959 e inventariata nel Museo
Archeologico di Taranto con il numero 114302. Lo strumento ha un diametro di
mm. 445, la cornice è costituita da due fasce di mm. 4 di faggio alte mm. 51.
La pelle di capretto è conciata con metodi naturali.
B. 14. Contrabbasso popolare anonimo dell’Europa
dell’Est (Romania?) a tre corde. La tavola è in abete, fasce e fondo in
compensato, listello di rinforzo sui bordi, manico in faggio, tastiera
ebanizzato. Le meccaniche sono in ottone, ferro e legno, diverse tra di loro.
C. 41. Ukulele bastone, raro ed inusuale strumento
costruito nel primo quarto del XX secolo in Spagna. Lo strumento, anonimo, è un
bastone con impugnatura orizzontale, puntale con finale in gomma ma con la
parte centrale del fusto a forma di piccolo ukulele. Il corpo è costituito da
un unico pezzo di legno, dal manico alla cassa, scavata senza quindi le fasce,
della larghezza massima di mm. 122 per un’altezza di mm. 25. Il diapason è di
mm. 423, il diametro della buca circolare, contornata da un anello di metallo
argentato, è di mm. 34. L’altezza complessiva del bastone è di mm. 898: il
puntale è di 210 e l’impugnatura di 98 per una parte orizzontale di 126.
L’impugnatura è intagliata a forma di uccello con becco a rostro e ad essa è
legata, con una striscia di cuoio, la chiave per l’accordatura. Lo strumento ha
quatto corde (Sol, Do, Mi, La) con il cavigliere, disposto verso il puntale,
che mostra quattro piroli a testa quadrata. Il capotasto è in osso mentre il
ponticello è metallico; sul manico sono disposti sedici tasti metallici.
D. 1. Mandolino–lira napoletano, corpo,
controfascie e guscio a ventotto doghe di palissandro, manico, tastiera e
cavigliere in noce, capotasto e farfalle della meccanica in avorio, piano
armonico in abete con battipenna in tartaruga, foro armonico ovale e contornato
da fregi in ebano e madreperla. All’interno appaiono due cartigli, il primo dei
quali in latino recante la dicitura FRATRES CALACE NEAPOLI / FECERUNT 1897 e la
firma autografa. Il secondo, in italiano recante i premi conseguiti e,
racchiusa in un ovale, la dicitura: Flli CALACE / Napoli / (Italia) / via
Quercia 5 e 5.
D. 2. Mandola napoletana, fine XIX sec., molto
probabilmente della liuteria Vinaccia, paletta in noce, piroli a vite in
avorio, tastiera e ponticello in ebano, fondo a trentuno doghe in palissandro,
foro ovale, tavola in abete con piastra e bordi in tartaruga e madreperla.
D. 3. Mandolino napoletano, anonimo (Calace?),
inizi XX sec., paletta e manico in noce, meccanica di restauro, fondo in noce a
ventuno doghe, foro ovale, tavola in abete non verniciata, piastra e bordi in
palissandro e madreperla.
D. 4. Mandolino napoletano fabbricato dalla
ditta Mario Casella a Catania nel primo ventennio del ‘900. Lo strumento,
particolarmente raffinato, presenta un guscio composto di ventinove doghe di
palissandro con filettatura in acero, controfascia in acero e palissandro,
manico e paletta in noce, la tastiera in ebano con prolungamento fino alla
buca, monta ventotto tasti metallici. La tavola è in abete e presenta ai bordi
un elegante fregio in palissandro e madreperla e, all’interno, un secondo
fregio di madreperla su ebano, motivo che è riportato intorno alla buca; il
battipenna è in ebano con un’applicazione in madreperla rappresentante la musa
della musica. Il primo dei due cartigli reca la dicitura: Musikhaus /
Siegrefried / Stanberg / GRAZ 1, NEUTHORGASSE; dalla ditta della città
austriaca che lo ha commercializzato. La seconda, in italiano, riporta la
dicitura: PREMIATA FABBRICA DI STRUMENTI MUSICALI A CORDA ED ACCESSORI /
[CORONA] / M [LIRA] C / [medaglia] GRAND PRIX Esposizione Mondiale Torino 1917 MARCA
DEPOSITATA [medaglia] MEDAGLIA D’ORO / MARIO CASELLA / della disciolta ditta
F.lli M & C CASELLA / CATANIA (SICILIA) / FABBRICA N.30 – 31 Piazza Carlo
Alberto DEPOSITO N. 32 / [cerchietto] / SPECIALITÀ / Mandolini, Chitarre,
Liuti, Liole, Viole, Violini, Violoncelli, Contrabbassi / [cerchietto] /
Esportazione Mondiale.
D. 5. Mandolino napoletano. Il cartiglio reca
la dicitura: GAETANO VINACCIA / LIUTERIA ARTISTICA / Rua Catalana N. 96 /
NAPOLI (Italia) / Anno 1913, e sul cartiglio la firma autografa dell’autore. Il
guscio è costituito da diciannove doghe in palissandro, il piano armonico è in
abete scelto contornato da tripla filettatura, la buca è ovale e contornata da
un fregio in madreperla e tripla filettatura mentre il battipenna e il
reggicordiera sono in tartaruga. Il manico è in palissandro, la tastiera in
avorio, la paletta in noce, le farfalle della meccanica in osso e in avorio
sono il bottone reggicinghia della paletta, l’inserzione del manico e il
capotasto.
D. 6. Mandolino napoletano, l’etichetta interna
reca la dicitura: lira musicale / FERNANDO DEL PERUGIA / Fabbricante di
Strumenti Armonici / SAN CRESCI presso FIRENZE / Anno 1898. Il guscio è formato
da venticinque doghe in acero con due grosse fasce superiori e due controfasce
in noce. La tavola, in abete, è contornata da una ricca filettatura in ebano,
la buca è contornata da un fregio in ebano e madreperla. Il battipenna è in
tartaruga con un fregio in madreperla. La meccanica interna presenta sul dorso una
ricca decorazione a motivi floreali e un putto musicante. Farfalle, capotasto,
ponticello e bottone sono in avorio.
D. 7. Mandolino napoletano costruito a Brescia
nei primi decenni del ‘900 dal liutaio Pietro Ruffini per l’esportazione a
Londra dove fu venduto. Lo strumento ha un guscio formato da venticinque doghe
in palissandro, manico e paletta in noce, meccanica in alpacca, farfalle in
avorio, piano armonico in abete, battipenna in tartaruga e madreperla, fregio
intorno alla buca in ebano e madreperla.
D. 8. Mandolino napoletano, primi decenni del
XX secolo, l'etichetta interna recita: LUIGI POPPI / premiata fabbrica / di
mandolini / PALERMO. Lo strumento presenta una tavola in abete con battipenna
in tartaruga e decoro in madreperla a forma di farfalla. La buca, ovale, è
contornata da un decoro in madreperla ed ebano mentre la tavola è contornata da
un doppio filetto e pezzi di ebano e osso alternati. Il guscio è formato da
ventuno fasce di noce come anche il manico e la paletta mentre la tastiera è in
palissandro.
D. 9. Mandolino-pochette, metà ‘800,
napoletano, anonimo. Lo strumento è formato da un guscio, rivestito all’interno
da carta viola, formato da tredici doghe in noce. La tavola, in abete, è
contornata da una doppia filettatura nera e da una grossa decorazione in
madreperla. Il battipenna è in tartaruga. La buca, tonda, è contornata da due
doppie filettature e da fregi in madreperla. Il manico e i due piani esterni
della paletta sono in noce, il capotasto in avorio e la meccanica è dotata di
farfalle in corno.
D. 10. Mandolino milanese, di autore lombardo
ignoto, recante il cartiglio di Pilade Maurri, dell’omonima casa editrice
fiorentina, che fu venduta nel 1902. Lo strumento, a sei corde singole,
presenta una tavola armonica in abete con il battipenna di legno scuro e fregi
d’avorio immerso nello spessore della tavola; la buca presenta una sestupla
filettatura mentre la tavola è contornata da una filettatura quadrupla in
ebano; il guscio è formato da diciassette doghe e due controfasce di
palissandro intervallate da una doppia filettatura in ebano e abete; il manico
e il cavigliere sono in un unico blocco di legno ebanizato e il cavigliere a
falcetto, con tripla filettatura, termina con un frontalino in madreperla; la
tastiera, di tipo ondulato-scavato, monta ventuno tasti.
D. 11. Mandolino popolare a fondo piatto, sistema
Eliseo Secchi, primo decennio del XX sec. Italia settentrionale; fondo in due
parti e fasce di acero, tavola in abete senza buca, due personaggi dipinti al
centro e la scritta “Falstaff / brevetto E.S.”, presenta due “effe” sulla
fascia sinistra dello strumento, la tastiera presenta diciassette tasti
metallici.
D. 12. Mandolino–banjo italiano, fondo e fasce
costituiti da otto doghe in palissandro alternate con otto doghe in pero e
centralmente un pezzo di pero tondo con intarsi in palissandro raffigurante un
cane e un pappagallo su trespolo, manico e cavigliere in noce, piano armonico
di pelle e metallo, farfalle della meccanica e capotasto in osso. Il cartiglio
interno reca la dicitura: MANDOLINO TIP. N. 16 / prodotto 6-2-1956 / matr. N°
13380 / CATANIA CARMELO / primaria fabbrica / di strumenti musicali / a corda –
artistici di / lusso e da concerto / specialità violini.
D. 13. Mandolino a fondo piatto, XX sec.,
costruttore Frambach, Liegi, paletta e tastiera in noce, meccanica a piroli con
la testa di bachelite, fondo a sei fasce in mogano e sei in acero filettate in
ebano, piccolo foro armonico ovale, tavola in abete filettato, piastra in ebano
e madreperla.
D. 14. Mandola a fondo piatto, marchiata sulla
paletta FORTE & Co, prima metà del XX secolo, meccanica marchiata Marcelli,
lunghezza totale 73 cm. Lo strumento ha una tavola di abete a venatura stretta
e uniforme con una filettatura sul bordo, fasce e fondo di acero fiammato. Il
fondo è leggermente concavo ed è costituito da cinque doghe. Il manico e la
paletta sono in noce, la tastiera in palissandro mentre il largo battipenna,
che contorna la buca e giunge al ponticello, è in legno scuro con inserti floreali
in madreperla.
D. 15. Mandriola (oktaviola) tedesca, primi
decenni del XX secolo. Fasce e fondo, formato da cinque doghe, di palissandro,
tavola in abete, foro ovale. Battipenna in ebano, abete e madreperla a motivi
floreali e farfalla. Ponticello metallico regolabile, manico e cavigliere in
noce, tastiera ebanizata. Presenta quattro cori di tre corde e all’interno il
cartiglio mostra la dicitura: Oktaviola / Gut Klang, De, Be, Be / D.R. Patent,
D.R.G.M. / Die Konigin der Mandolinen. / Ein Instrument Ubertrifft / Ein ganzes
Quartett / GESETZL. GESHUTZT.
D. 17. Balalaika russa, XX secolo. Questo
strumento, suonabile sia a pizzico sia a plettro, dalla tipica forma
triangolare, è armato con tre corde accordate le prime due sul La e la terza
sul Re. La lunghezza totale è 685 mm. il manico è lungo 265 mm. e presenta
sedici tasti metallici, il piano armonico, composto di varie doghe di abete e
da inserti di altri legni, presenta una larghezza di 432 mm. mentre il fondo è
costituito da sette doghe. La meccanica mostra farfalle di plastica. Il
cartiglio interno recita: (in triangolo) Фабрика народных щикповых Муэыкапьных
инструментов Им. Луначарсого Г. Ленингад Т.10 sotto БАЛАЛАЙКА / Артикул 205 /
Отделка спосодом / РСТ РСФСР 83-72 / Цспа 6р. 70к. / Ленинград П-61 / Ур.
Чапаиева, 15 / 2190 – 70 . 75 . СОСИ. Т.
D. 18. Banjo tenore francese a manico lungo della
prima metà del XX secolo, di tipica fattura tradizionale a quattro corde. Sul
manico vi è impresso in ovale il marchio: UNICA / marque / deposèe. La
meccanica è marchiata UD Mirecourt e presenta farfalle in bachelite. Il manico
è in noce, la cassa acustica in acero e, naturalmente, il piano armonico in
pelle.
D. 19. Plettri in tartaruga, serie di undici
plettri italiani della fine del XIX secolo di varie dimensioni e fogge.
D. 20. Bandurria spagnola anonima, databile tra la
fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Piano armonico piriforme in abete
contornato da intarsi quadrati di ebano e abete, buca tonda contornata da
quattro filettature in ebano. Fondo, fasce, paletta e manico in palissandro (?)
dipinto in nero, tastiera in palissandro con diciassette tasti metallici,
capotasto in osso, ponticello di legno. Lo strumento monta quattro cori da tre
corde metalliche, i dodici piroli sono in legno chiaro (due rotti).
D. 21. Waldzither amburghese, ideato da C. H.
Böhm, a nove corde (quattro cori di due corde e corda singola grave) e
cavigliere a raggiera. Lo strumento, costruito all’inizio del XX secolo, ha un
piano armonico in abete mentre fondo piatto a sette doghe, fasce e manico sono
in palissandro. La tastiera ha diciassette tasti metallici e il ponticello è in
plexiglas. Meccanica e tiracorde sono in metallo, vi sono due chiavi
quadrangolari per l'accordatura. Lo strumento è lungo mm. 694, le fasce sono di
mm. 89 e la larghezza max della cassa è di mm. 331.
D. 22. Mandolino italiano costruito dal liutaio
Alfredo Montanari (1919 - 1988), allievo di Luigi Mozzani, a Cento (FE)
nell'immediato dopoguerra. Questo strumento ha il fondo piatto ma una cassa
inusuale, che ricorda il mandolino lira, con la parte superiore della cassa che
finisce con due piccole punte. Invece della buca vi sono due fori armonici a
forma di "effe". La tavola è
in abete, fondo fasce e manico in palissandro. La tastiera monta ventitré tasti
metallici e cinque barrette di madreperla.
D. 23. Mandolone (mandola bassa) recante il
cartiglio: Joseppe De Maria / fecit Neapoles 1678. Le dimensioni sono:
lunghezza cassa dal capotasto mm. 655, larghezza massima mm. 290, lunghezza
paletta al centro mm. 220, lunghezza manico mm. 212, lunghezza totale mm. 885.
Lo strumento ha otto ordini doppi di corde, nove tasti metallici sul manico e
quattro lignei sulla tavola. Il guscio è formato da ventisei doghe in
palissandro ondulato-scavato più due larghe doghe esterne e un rinforzo alla
base; la tavola, in abete, risale sul manico fino all’ottavo tasto e presenta
una buca circolare contornata da un fregio in ebano e madreperla, un largo
battipenna in tartaruga e ricche decorazioni in madreperla. Il manico e la
paletta sono in legno scuro con fregi e contorni in osso, i piroli sono
disposti su tre file verticali di 6, 4 e 6, e il capotasto è in osso.
D. 24. Mandolino mezza-lyra, costruito dal liutaio
Alfredo Privitera, già operaio della ditta Carmelo Catania, che negli anni ’70,
costituì una sua liuteria che ben presto divenne tra le migliori della Sicilia.
Questo strumento e armato con cinque cori di due corde accordati in Mi, La, Re,
Sol, Do. La tavola è in abete con una buca ovale al centro e una piccola e
tonda sul braccio sinistro, il fondo piatto e le fasce sono in acero mentre
manico, copricorde inferiore e tastiera sono in noce. Sul cartiglio interno è
stampato: Liuteria Classica / Maestro Liutaio / Alfredo Privitera / Made in
Italy. Lo strumento è lungo mm. 721.
D. 25. Mandolino napoletano. Il cartiglio reca la
dicitura: stemma reale / F.lli GEN.ro ED A.lle VINACCIA FU P.le / Fabbricanti
di Strumenti Armonici / DI S. M. La REGINA d’ITALIA / Rua Catalana N° 53 /
NAPOLI / Anno 1887. Lo strumento ha la meccanica “coperta” con paletta, manico
e controfasce in palissandro, ha diciassette tasti metallici con sei segnatasti
in madreperla, il guscio è formato da ventuno doghe in acero marezzato con
filettatura in ebano. Il piano armonico è in abete contornato da quintupla filettatura
in ebano con buca ovale e fregi in madreperla, il battipenna è in tartaruga e
le farfalle della meccanica, il bottone e i pioli delle corde sono in avorio
mentre l’attaccacorde e il copricorde sono metallici. Achille e Gennaro furono
i figli del grande liutaio Pasquale, famosissimo costruttore di mandolini e
chitarre a Napoli nella seconda metà dell’800. Furono attivi fino all’inizio
del ‘900.
D. 26. Mandolino napoletano. Il cartiglio reca la
dicitura: stemma reale / F.lli GEN.ro ED A.lle VINACCIA FU P.le / Fabbricanti
di Strumenti Armonici / DI S. M. La REGINA d’ITALIA / Rua Catalana N° 53 /
NAPOLI / Anno 1898 e firma autografa, un secondo cartiglio in inchiostro rosso
reca la dicitura: TRASFERITI ALLA / STRADA / S TA MARIA LA NUOVA Nọ 25. Lo
strumento ha la meccanica “coperta” con paletta e manico in palissandro, le
controfasce sono in acero e palissandro, vi sono venti tasti metallici con sei
segnatasti in madreperla, il guscio è formato da trentuno doghe scannellate in
acero con filettatura in ebano. Il piano armonico è in abete contornato da
quintupla filettatura in ebano con buca ovale e fregi in madreperla su un
battipenna in tartaruga, le farfalle della meccanica sono in corno scuro, il
bottone e i pioli delle corde, l’attaccacorde e il copricorde sono in metallo
argentato con una base di tartaruga.
D. 27. Citola il cui modello è stato rilevato da
un affresco di Simone Martini presso la Basilica di S. Francesco in Assisi. Il
cartiglio interno recita: costruita nell’anno 2010 da / Andrea Poppi /
Sant’Agata Bolognese. In noce nazionale sono il corpo e la tastiera che termina
con un cavigliere a falcetto, il piano armonico è in abete rosso con un piccolo
fregio in noce in alto e la buca ornata da un intaglio ligneo, nove tasti in
ottone, quattro cori da due corde in budello accordate per quinte (anche se spesso
erano accordate secondo il sentire dell'esecutore), lunghezza totale mm. 575,
diapason mm. 380. Molto simile è uno strumento presente negli affreschi della
basilica di S. Caterina a Galatina (Le).
D. 28. Mandolino anonimo, italiano, databile al
1840 circa, si tratta di uno strumento di transizione: possiede molti elementi
del mandolino barocco (proporzioni generali, paletta con otto piroli molto
piegata indietro, buca circolare, estrema leggerezza) ma la tastiera già
sovrapposta al manico, tipica degli strumenti ottocenteschi. Il guscio è
formato da undici grosse fasce di acero e palissandro alternato, la tavola è in
abete con battipenna e zona della cordiera in palissandro, vi è un fregio in
ebano e madreperla intorno alla buca e i pioli delle corde sono in avorio. Il
manico e la paletta sono in legno ebanizzato, vi sono tredici tasti metallici e
otto piroli in ebano.
D. 29. Mandolino napoletano anonimo, databile alla
seconda metà del XVIII secolo e attribuito a Donato Filano. Questi fu attivo
dal 1760 al 1785 col fratello Antonio alla rua di S. Chiara a Napoli, poi la
bottega fu condotta dai figli Giuseppe e Luigi. Lo strumento ha un guscio di
ventitré doghe scannellate in acero separate da filetti in ebano con
all’interno della carta celeste, il manico è in cipresso con sette filetti in
ebano, la tastiera è sullo stesso piano della tavola e presenta dieci tasti
metallici separati da placchette di tartaruga. La tavola, senza filetti, è in
abete con alle estremità degli intarsi in madreperla, la buca è tonda, il
battipenna in tartaruga mentre il capotasto, i bottoni delle corde e della
cordiera e il ponticello sono in avorio. La paletta è decorata da una parte
centrale in osso e le laterali in tartaruga, intorno vi sono sei bottoni e
dodici bottoncini in avorio mentre gli otto piroli in palissandro tirano delle
corde di budello. La lunghezza totale è di mm. 590, il diapason mm. 327 e il
diametro della buca è di mm. 60.
D. 30. Mandolino napoletano senza etichetta,
probabilmente di produzione Vinaccia. Su un foglio rosa alloggiato nella
custodia, si legge: Libretto musicale di pertinenza / del Sigr Avv Leonardo
Natale / Notaio e Regio Subbeconomo / Di Cariati / Cariati 1° Agosto 1897.l /
Un suo intimo amico / G. C. M. Il guscio è costituito da diciannove doghe in
palissandro con un finale a pezzi alternati di ebano e avorio, il piano
armonico è in abete scelto contornato da tripla filettatura, la buca è ovale e
contornata da un fregio in madreperla e tripla filettatura mentre il battipenna
è in tartaruga. Il manico è in palissandro, la tastiera in avorio, la paletta
in noce, le farfalle della meccanica in osso e in avorio sono il bottone
reggicinghia della paletta, l’inserzione del manico e il capotasto.
D. 31. Mandolino milanese barocco con guscio
formato da undici doghe in ebano e filetti di avorio. Il guscio è certamente
originale mentre ci sono tracce di interventi su manico e falcetto; la tavola
armonica è in abete rosso con al centro una larga buca tonda coperta da una
pregevole rosetta e con decorazioni in madreperla e gommalacca fusa. Lo
strumento presenta sei cori doppi per un totale di 12 corde ancorate ad un
largo ponticello e avvolte su piroli in legno chiaro posti sul falcetto alla
cui estremità, quadrata, vi è una decorazione in ebano e madreperla. Sul manico
ci sono sette tasti in minugia mentre cinque metallici sono sulla tavola. Sulla
custodia vi è un cartiglio con la scritta: Mandolino toscano / della fabbrica /
di Tobbia Fiscer / di Siena / anno 1713. Il nome fu però spesso travisato anche
in patria, poiché proprio nei registri della nativa Füssen, cittadina dove
sembra egli abbia visto la luce verso il 1680, è talvolta scritto Tobias
Fiscier e i suoi strumenti sono firmati anche Ficier e Fiscier. Questo liutaio
si trasferì a Siena, dove esercitò la sua professione e morì, probabilmente
verso il 1721. Alcuni suoi strumenti sono presenti nel Museo Bardini di Firenze
e nel museo di Lipsia. Molto probabilmente fu il padre dei famosi liutai milanesi
Giuseppe, Vincenzo e Carlo Fiscer (o Fixer) attivi alla metà del XVIII secolo.
Il mandolino milanese barocco, sorta di piccolo liuto detto anche pandora,
monta sei corde doppie in budello accordate per quarte su una tavola senza
“spezzatura” e con un guscio più piccolo di quello del mandolino napoletano.
D. 32. Plettrharpa brevettata e costruita da
Nicola Maria Calace nell’agosto 1903 a Napoli. Questo strumento è una sorta di
mandolino asimmetrico con un arco leggermente angolato alla sinistra della
tastiera che congiunge la cassa alla paletta e lo fa assomigliare ad un’arpa
liberty. La ragione della sua invenzione, così come della Mandolyra brevettata
dal fratello Raffaele qualche anno prima, è da ricercarsi nell' enorme successo
del mandolino nella canzone napoletana di quell'epoca. Un fatto indubbiamente
molto positivo ma con un risvolto negativo: il mandolino napoletano ormai era
etichettato come strumento troppo popolare e quindi non più uno strumento
adatto all'alta borghesia che fino a qualche anno prima era appassionata dello
strumento (anche la regina Margherita era un'abile mandolinista!). il fondo è
piatto, in noce, mentre la tavola è in abete con filettature in ebano e avorio
e un battipenna in palissandro a disegni liberty. La buca è oblunga e
asimmetrica, la tastiera in ebano con ventidue tasti metallici e, sulla paletta
vi è una meccanica con otto piroli a vite con testina piatta in osso.
L’etichetta interna recita: NICOLA M.ria CALACE / NAPOLI / Via S. Anna de’
Lombardi, 54 . 55 / 1903 (firma autografa) Nicola Calace mentre sull’arco vi è
la scritta: Brevetto / No 173.
D. 34. Colascione italiano a quattro corde. È uno
strumento a plettro, appartenente alla famiglia dei liuti a collo lungo, di
derivazione araba (tambur). La tavola armonica è in abete, piatta, arricchita
ai lati un pregevole intarsio di osso e madreperla: al centro vi è un piccolo
foro armonico, ovale, coperto da una rosetta in osso, intagliata con figure di
flora e fauna. Il guscio è piriforme, non perfettamente ovoidale ma col fondo
lievemente appuntito, completamente ricoperto da un ricchissimo decoro in
avorio, osso e madreperla e un rinforzo in punta di avorio intagliato a foglie
di acanto. Il manico è molto lungo, semicilindrico, in acero, con inserti in
ebano, avorio, osso e madreperla, senza tasti: non vi è un vero cavigliere e i
bischeri, posteriori, sono direttamente alloggiati nella parte finale del
manico. Le corde, di metallo o budello, sono intonate in Mi, La, Re, Sol ed il
capotasto è costituito da due filamenti di minugia legati in cima al manico,
sotto i bischeri, attraverso le quali passano le corde. È molto difficile
stabilirne l’epoca perché lo strumento ha subito un importante restauro alla
fine del XIX probabilmente da Leopoldo Franciolini e uno recente ad opera di
Fabio Lissia: sembrano infatti ricostruiti il ponticello, la cordiera e il
capotasto mentre tre dei quattro bischeri sono stati riparati. Sul cartiglio
all'interno della cassa vi è la scritta: Bartolomeo Arnolfini Deuc, di
difficile attribuzione a liutai noti. Dimensioni: lunghezza completa della
tastiera e cassa cm. 122; larghezza tastiera in cima mm. 32, all'innesto con la
cassa 47; lunghezza manico dall'innesto con la cassa cm 88; caviglia completa
mm. 90, diametro mm. 8; lunghezza della cassa cm. 34, larghezza cm. 24 e
profondità cm. 15. Il colascione è uno strumento con piccola cassa convessa e
manico lungo fino a due metri, nel XVII secolo, è arrivato ad un numero da nove
a dodici cori ma ben presto ha perso molte delle sue corde in quanto tale
strumento, un po' imperfetto, era difficile da accordare per cui le corde da dodici
ordini passarono a nove, poi cinque quattro e infine a tre. Nel tempo, oltre allo strumento basso con
diapason lungo quasi circa 2 metri, si sono costruiti colascioni di taglia più
piccola detti mezzo colascione, calascione o colasciontino. Gli strumenti
napoletani erano costruiti con molta cura poiché venivano usati legni pregiati
e preziosi intarsi d’ebano, madreperla e avorio. Pur essendo presente in quasi
tutte le regioni italiane, il colascione trova a Napoli la sua gloria maggiore
tra il XVII e il XIX secolo. Si identifica come lo strumento della musica
popolare e, a Napoli, rappresentava lo strumento prettamente popolare e di
tradizione orale (spesso la maschera "Pulcinella" veniva raffigurata
con un calascione) e, forse per questo, sono rare le partiture dedicate a
questo strumento. Il colascione, la cui funzione nei gruppi musicali era quella
del "basso", è stato il protagonista e il portavoce di ballate
popolari che hanno dato vita al connotarsi della cultura musicale napoletana
anche se lo si adoperava anche in chiesa e nella musica sacra. A partire dalla
metà del secolo XVIII, il colascione è caduto man mano in disuso, sia
nell’ambito popolare che in quello colto, soppiantato da strumenti più moderni
ed efficienti. Notevole è anche la sua fortuna in campo letterario, viene
spesso citato in composizioni popolari, carnascialesche e beffarde (Tiorba a
Taccone) o da autori che si opponevano alla cultura ufficiale i quali coniarono
per lui il sarcastico appellativo di “Re de li stromenti”. Visto l’aspetto
sgraziato dello strumento, col corpo piccolo e un manico estremamente lungo e
il conseguente suono roco, il termine calascione fu infine utilizzato per
sbeffeggiare persone ingenue e allampanate.
D. 35. Mandolino milanese databile al primo quarto
del XVIII secolo. Lo strumento è anonimo anche se, il tipo di rosetta, la forma
del guscio e del cavigliere, lo farebbero attribuire a Francesco Presbler o
Ambrogio Maraffi. Guscio a forma di mezza pera molto allungata, in acero con 17
doghe scannellate e due fasce, rosetta incastrata sul piano armonico in
pergamena molto fitta da cui si intravvede la carta che fodera l’interno
ricavata da un manoscritto in latino. La lunghezza totale è di mm. 543. Il
guscio è lungo mm. 212, largo 145 e profondo 65. Il largo manico si innesta
lateralmente sulla tavola, in abete, la quale risale sul manico per mm. 18. Il
manico è largo mm. 47 e mm. 56 alla base, sul dorso vi sono otto filetti in
osso: non presenta tastature ma un ricco decoro floreale in osso per tutta la
sua lunghezza di mm. 135 su cui venivano legati i tasti di budello. Il
capotasto è in osso. Il cavigliere a falcetto si inserisce a baionetta sul
manico, monta 12 piroli in ebano infissi lateralmente e termina con grosso bottone
decorato con una ruota dentata in osso. I doppi cori sono accordati: Sol
(42NNG), Re (52NNG), La (68NNG), Mi (88NNG), Si (112D), Sol (145D). Mimmo
Peruffo di Aquilacorde ha curato lo studio delle corde e la loro realizzazione.
D. 36. Mandolino a 12 corde (mandriola) costruito
a Monopoli (BA) nell’ultimo decennio del XIX secolo dai fratelli Garganese.
Vito e suo fratello maggiore Antonio furono allievi di Pasquale Vinaccia
(Napoli 20 luglio 1806 - 1885?), figlio di Gaetano II, che introdusse i primi
mandolini montati con corde di acciaio e meccaniche. Tornati a Monopoli nel
1880, aprirono la loro bottega in via Vitti angolo via Magenta, nei pressi del
forno “La Pala d’Oro”. Nel primo decennio del XX secolo i due fratelli si
separano: Antonio continua a costruire pochi strumenti di gran pregio mentre
Vito aumenta la produzione vendendo i propri strumenti in Europa e negli USA
col marchio Vito Garganese fu Vito (aveva lo stesso nome del padre deceduto
prima della sua nascita). Questo strumento mantiene l’armatura tipica della
mandriola (MI MI MI, LA LA LA, RE RE RE, SOL SOL SOL) ma, in ossequio alla loro
formazione napoletana, ha una cassa che ricorda molto il mandolino napoletano.
Il ponticello è mobile, la tavola è “spezzata” con la curvatura all’altezza del
ponticello e le fasce sono molto sfilate (altezza minima mm. 58 massima mm.
109). La buca è ovale, contornata da una decorazione di ebano e madreperla, da
cui si vede il cartiglio. Vi è la firma autografa di Vito Garganese f.llo e un
cartiglio rettangolare che recita: VITO GARGANESE E FRATELLO / FABBRICANTI / DI
STRUMENTI ARMONICI / MONOPOLI. Il manico e la tastiera, con diciassette tasti
metallici, sono in noce, la paletta in palissandro e le meccaniche montano
farfalle in osso. La tavola è in abete mentre il fondo piatto e le fasce sono
in acero; tavola e parte inferiore delle fasce sono adornati da una tripla
filettatura in ebano. La lunghezza
totale è di mm. 653 mentre la massima larghezza del piano armonico è di mm.
198.
D. 38. Liuto soprano a profilo triangolare e a
cassa armonica piramidale (tetraedro), anonimo. E' uno strumento di difficile
collocazione organologica; ne esiste uno simile nella collezione del Castello
Sforzesco a Milano, e altri sono descritti nella collezione V.M. Eitington di
New York e al Museo Teatrale di Novara. Questo strumento potrebbe essere opera
di Leopoldo Franciolini a Firenze anche se Natale Gallini data lo strumento
milanese al XVI secolo. La tavola armonica è in abete con venatura piuttosto
larga, la buca è coperta da una rosetta traforata e decorata con particolari in
madreperla, come pure il bordo superiore del guscio. Le corde, in budello, sono
agganciate, tramite pioli, alla parte inferiore della cassa armonica e
transitano su un ponticello mobile; sulla parte superiore della tavola
armonica, in prossimità della tastiera, vi sono decorazioni madreperlacee ad
intarsio. Il guscio è formato da tre settori riccamente intarsiati, con
particolari in avorio-osso e madreperla, immersi in stucco marrone. Sul settore
inferiore sono inseriti i sei pioli su cui si attaccano le corde e il bottone
per la tracolla in osso. Il retro del manico è anch'esso decorato con
particolari in avorio-osso, immersi in stucco marrone mentre, la tastiera, è
completamente decorata con particolari in madreperla e legno e presenta dieci
legacci in budello come tastatura. Il cavigliere, inclinato quasi a 90°, monta
dodici piroli in legno di pero, presenta su entrambe le facce una decorazione
geometrica e, lateralmente, ventuno bottoncini in osso. Il liuto è armato con
sei cori doppi di corde in budello; il capotasto e il ponticello, mobile, sono
in osso e madreperla. La lunghezza, dal capotasto, è di mm. 528, il guscio ha
la larghezza massima di mm. 275 e l’altezza di mm. 119. Il cavigliere è lungo
mm. 181 con una larghezza massima di mm. 71.
F. 1. Flagioletto in Fa inglese primo decennio
dell'Ottocento, marchiato “Hastrick / late / Bainbridge / 35 / Hölbron hill /
London - New / c / Key - New / patent”, 3 pezzi in ebano, becco, ghiere e
chiodini in avorio, sei chiavi in argento.
F. 2. Flagioletto inglese in do (La 450),
cameratura conica, costruito da Joseph Prowse che fu attivo a Londra tra il
1834 e il 1839 e marchiato: J. Prowse / London / J-PROWSE / OLD JEWRY / LONDON
/ FROM / CLEMENTI & C°. Il flagioletto è lungo 414 mm. ed è di legno
tinteggiato nero con imboccatura, sei pioletti separadita e tre ghiere in
avorio, 7+1 fori e una chiave ottagonale in ottone.
F. 3. Flagioletto viennese, Germania Vogtland
fine '800 inizio '900, tre pezzi in ebano, imboccatura in avorio, sei chiavi e
tre ghiere in silver. Questo strumento era molto di moda nella seconda metà del
XIX secolo nella musica da camera austriaca.
F. 4. Flagioletto francese in La (LA 432) con
cameratura conica, senza chiavi con quattro fori anteriori e due posteriori. Lo
strumento è marchiato su tutti i pezzi: [stella a 5 punte] / LONG. Questo
strumento è particolare perché Long, attivo a La Ciotat nella prima metà del
XIX secolo, è conosciuto come costruttore di galoubets mentre i suoi
flagioletti sono rarissimi. Lo strumento, in cinque pezzi di palissandro con
imboccatura e ghiere in ebano, è lungo 356 mm. (52+52+70+61+121).
F. 5. Flagioletto francese anonimo in La,
prima metà del XIX secolo, quattro fori anteriori e due posteriori per i
pollici. Quattro pezzi in bosso, imboccatura a becco in avorio, ghiere e sette
chiavi in ottone.
F. 6. Flagioletto francese, (flagiolet à
pompe), ebano, in La, quattro ghiere e una chiave in silver, bocchino in osso,
quattro fori anteriori e due posteriori. Marchio G. Leblanc / La Couture
Boussey / Eure.
F. 8. Flagioletto francese in nichel costruito
a Parigi nel 1890 e recante il marchio Charles Mathieu / mque deposee / [lira]
/ Paris. Lo strumento, brevettato, ha sei fori e uno strano bocchino in ottone
nichelato.
F. 23. Galoubet anonimo, costruito in Provenza
tra il 1770 e il 1790. Lo strumento, cilindrico, è lungo 274 mm. ed è costruito
in ebano con imboccatura e piede in avorio. E’ provvisto di due fori anteriori
e uno posteriore per essere suonato con la sola mano sinistra mentre con la
destra si suonava il tamburo.
F. 24. Galoubet (Tabor pipe), flauto a becco a
tre fori, fine '800, costruito da Simonet de Buzy (1850-1930) nella Vallèe
d'Ossau, Béarn, Francia. Due fori anteriori e uno posteriore tappati
rispettivamente dall’indice medio e pollice mentre anulare e mignolo servono a
tenere lo strumento, legno chiaro e un piccolo inserto di metallo sul
frangiaria. Lunghezza 316 mm.
F. 25. Cucù d’orchestra anonimo, metà del XIX
secolo. Lo strumento (160 mm.) è costruito con due pezzi di palissandro con una
slitta d’intonazione in ottone che permette di ottenere le note dal Fa al La.
Presenta un foro che, a coulisse rientrata, da alternativamente le note a
imitazione del canto del cuculo. Il cucù è un vero e proprio strumento
utilizzato in orchestra nella musica imitativa e generalmente affidato ai
percussionisti
F. 26. Piffero fine '800 in ottone marchiato:
lira musicale / INVERNIZZI E DEVALLE / SAVONA / DO. Lo strumento, simile al
Whistle irlandese è lungo 326 mm. con sei fori, profilo conico e blocco di
legno all'imboccatura.
F. 27. Piffero in ottone, Italia fine '800, dal
marchio difficilmente identificabile con simbolo dell’aquila / DO / 8603, del
tipo usato da gente di teatro, ambulanti e cantastorie. Lungo 330 mm. 6 fori
sul davanti, profilo conico e imboccatura con blocco di legno.
F. 28. Flauti a pistone, in versione tenore (276
mm.) e "piccolo" (152 mm.), ebanite. Marchio:
SWANEE / WHISTLE / or / LOTUS FLUTE / MADE IN LONDON / ENGLAND / REGISTRETED /
DESIGN / 687087 / PRO. / PATENT / REG. U.S. PAT. OFF. Questi rari strumenti furono usati in
brani di musica "colta" da Ravel, Gordon e altri. Piede e stantuffo
in ottone cromato. L’estensione è di circa due ottave con nota più grave
Fa#4 per il tenore e Fa5 per l’ottavino.
F. 29. Flauto contralto a pistone, marchio:
stella a 8 punte / MODEL de LUXE / SWANEE / WHISTLE / OR / LOTUS FLUTE /
REGISTERED / MADE IN LONDON / ENGLAND/ PRO/ PATENT/ REGISTERED/ DESIGN / 689111
/ REG. U.S. PAT. OFF / stella a 8 punte. Lo strumento, lungo 350 mm., è in
ebanite con una ghiera in avorio e il pistone in alpacca. La nota più grave
dello strumento è il Fa4.
F. 30. Flagioletto doppio, inglese, a canne
diseguali, marchiato: BAINBRIDGE / TEACHER / & INVENTOR / HOLBORN / HILL /
LONDON / PATENT BAINBRIDGE / & WOOD / 35 / HOLBORN / HILL / LONDON /
PATENT. Londra 1808 – 1821. Lunghezza totale 445 mm, cinque pezzi più
l’imboccatura, corpo di legno di bosso, con due chiavi tagliavento in argento;
ghiere, imboccatura e chiodini in avorio. La canna destra, più lunga (235 mm),
presenta tre chiavi quadrate in argento mentre la sinistra, più corta (196 mm),
ne presenta due. Le chiavi tagliavento entrano nelle due finestre dello
strumento per impedire l’emissione sonora dell’una o dell’altra canna. Sui
corpi sono segnati i simboli delle note: 1G, 2F, 3E, 4D a destra e B1, A2, G3,
F4, E5, D6 a sinistra.
F. 31. Cucù da orchestra in due pezzi, marchiato:
WHITAKER / LONDON, costruito tra gli ultimi anni del Settecento e i primi
dell’Ottocento. Taglia Si4, La 430 Hz, corpo in bosso con imboccatura e
modanature in avorio. Lunghezza totale 126 mm. Nel piede è posizionato il foro
che permette di cambiare nota ma all’interno vi è un tappo cilindrico con
quattro fori laterali di diverso diametro. Ruotando il tappo si varia il
diametro del foro e in tal modo si ottengono quattro diversi intervalli (Re# -
Si, Mi – Si, Fa# – Si, Sol# – Si).
F. 32. Cucù italiano anonimo, probabilmente
veneto, costruito nella metà del XIX secolo. Lo strumento è in bosso e corno
nero, con un foro anteriore che permette di variare la nota dal Do al Sol#. Il
cucù misura mm. 85.
F. 34. Tin whistle irlandese in latta, databile
alla prima metà del XIX secolo, anonimo. Lo strumento, lungo mm. 319 e largo
12, presenta sei fori anteriori senza portavoce e la lettera C sul fronte.
F. 35. Flauto di pan (siringa) bavarese della
seconda metà del XVIII secolo, costituita da un pezzo di legno all’interno del
quale sono state scavate dieci canne, chiuse all’estremità inferiore da astine
nere che permettono l’intonazione e superiormente dotate di un labium. Lo
strumento è lungo mm.147, largo mm. 14 e alto da mm. 42 a mm. 86. Le note
prodotte sono Sol#, Mi, Sol, La, Siь, Si, Do, Re, MI, Sol#.
F. 39. Piffero in ottone, Italia fine '800, dal
marchio difficilmente identificabile con simbolo dell’aquila / DO / 11772, del
tipo usato da gente di teatro, ambulanti e cantastorie. Lungo 336 mm. 6 fori
sul davanti, profilo conico e imboccatura con blocco di legno.
F. 40. Galoubet (provenienza T. Bingham, London)
costruito dal liutaio, tamburino e compositore Joseph Bœuf. Marchio: SYSTEME /
J. BŒUF / MARSEILLE / 1917 {numero di serie}129. Lo strumento è rarissimo: a
differenza degli altri galoubet, presenta i tre fori tutti posizionati
anteriormente e partizionati longitudinalmente per emettere i semitoni. Questo
modello fu usato fino agli anni ’60 del secolo scorso solo ad Allauch, poi fu
completamente abbandonato per la scarsa praticità. È costituito da due parti di
palissandro e una ghiera in ottone per congiunzione ed è lungo mm. 310.
F. 46. Cornetto in legno ricoperto di marocchino
rosso con segni di riparazioni alla copertura in pelle. Lo strumento presenta
il bocchino (interno) e il finale, a testa zoomorfa, in corno scuro e una
apertura sul lato convesso (il finale è chiuso). Vi sono due attacchi in
metallo per la cinghia di sospensione (mancante) ed è lungo mm. 380.
Probabilmente italiano e databile tra la seconda metà del ‘700 e gli inizi
dell’800.
F. 47. Cromorno soprano in legno tinto (acero?)
con sette fori anteriori più due di risonanza sulla campana e una ghiera di
ottone. È visibile una riparazione a forma di scudo (a regola d’arte) nella
parte anteriore del corpo sotto la ghiera e sopra il primo foro (probabilmente
è stato perso o asportato uno stemma). Il cromorno è uno strumento,
rinascimentale, a cameratura cilindrica, ad ancia doppia incapsulata, Il cui
nome deriva dal tedesco Krummhörn (corno curvo) per la caratteristica forma a
manico d’ombrello ottenuta piegando a vapore il legno dopo la foratura. Questi
strumenti, molto popolari in Francia, Germania e Paesi Bassi, avevano una
estensione molto limitata, poco più di una ottava, per cui venivano suonati in
consort dal soprano al basso per ampliarne l’estensione. Questa è una antica ricostruzione databile
tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, attribuibile a liutai di area
francese (Auguste Tolbecque, Victor-Charles Mahillon) ed è lunga mm. 370.
F. 49. Galoubet (Tabor pipe), anonimo, inizio
'900, Provenza. Questo strumento ha solo tre fori, due anteriori e uno
posteriore tappati rispettivamente dall’indice medio e pollice mentre anulare e
mignolo servono a tenere lo strumento in modo che l’altra mano possa suonare un
tamburo. La particolarità di questo strumento è di essere costruito in ottone e
di avere un aspetto molto elegante e slanciato: la lunghezza è mm. 313 e il
diametro mm. 12.
F. 53. Tin whistle (fischietto di latta)
costruito nel primo quarto del XX secolo probabilmente in Portogallo. I tin
whistle sono i flauti dritti irlandesi, usati come giocattoli ma apprezzati
anche da professionisti, hanno un corpo metallico, con cameratura conica, sei
fori anteriori e un’imboccatura a labium. Lo strumento, conico, ha un diametro,
all’imboccatura, di mm. 18 mentre al piede di mm. 9: la lunghezza è di mm. 262.
Lo strumento è dipinto in nero con fregi in giallo-oro: il fregio della parte
superiore è costituito da due righe, un’onda e altre due righe / immagine di un
suonatore dell’antico Egitto e la scritta LUSO / due righe, un’onda e altre due
righe mentre nella parte inferiore vi sono solo due righe, un’onda e altre due
righe sempre in giallo-oro. Lo strumento ha solo sei fori anteriori.
G. 3. Salterio italiano anonimo, databile tra
il 1730 e il 1750. Lo strumento è a forma di trapezio isoscele con i due lati
obliqui di 360 e 365 mm. mentre il lato corto è di 361 mm. e quello lungo di
685 mm. Sul lato destro sono infissi 106 piroli metallici che supportano venti
cori alternati di cinque e quattro corde e infine quattro cori gravi di quattro
corde. Vi sono un ponticello da sei colonnine, due da cinque di cui uno più
alto probabilmente successivo, uno da quatto colonnine due da due e tre colonnine
singole. Sul piano armonico, in abete, vi sono due eleganti rosette in
pergamena mentre i capotasto sono sormontati da un listello in pero. I lati
dello strumento sono riccamente decorati da una stuccatura dorata con un
raffinato decoro a bulino. Lo strumento è racchiuso nella sua custodia
originale dipinta in nero dall’esterno mentre l’interno non è decorato.
G. 4. Cetra da tavolo, costruita nei primi anni
dell’Ottocento nel mantovano. Lo strumento presenta una forma tipo
“salisburghese”, è in abete mentre in noce sono la colonnina e un fregio a
forma di testa di cavallo posto sopra il cavigliere. La cetra è armata con 3 +
1 corde di canto, 10 di armonia e 2 + 2 ottavine. Vi sono due fori armonici uno
nel corpo e uno nella pancia e 15 + 3 tasti in ottone, le caviglie e le corde
sono in ferro.
G. 5. Zither da concerto, Salzburger Form,
Austria, XIX sec., costruttore Anton Hüller / Graslitz / Bommen. Cinque corde
da melodia e trentuno corde da accordo, chiavi della meccanica e piedini in
avorio, fondo in acero, colonna in ebano, tavola in abete con fregi in
madreperla.
G. 6. Mandolin-Harp, sorta di Kantele (salterio
a corde pizzicate) nord europeo, XIX sec. Interamente in abete verniciato nero
con decorazioni floreali dipinte, armato con quattro gruppi di sette corde di
accordo (Re mag – Fa mag - Sol magg – Do magg), e quindici ordini di corde
doppie per la melodia.
G. 7. Akkordolia, tedesca costruita nei primi
decenni del XX secolo. Il cartiglio tondo reca la dicitura: ???ss & Teller
/ Klingenthal / Akkordolia / D. R. S. M.
Questo strumento è un salterio a cassa con sette corde da suonare con il
plettro. L’akkordolia è una via di mezzo tra un’arpa eolia per la cassa
rettangolare (63 x 18 cm e il lato corto superiore arrotondato), foro armonico
tondo e le corde (3 per il canto e 4 per l’armonia) della stessa lunghezza e di
diametro differente e un’epinette des Vosges sia per la tastatura delle corde
(16 tasti metallici per le corde di canto e 6 per quelle d’armonia) sia per le
corde pizzicate. Lo strumento è in abete dipinto in nero e tavola armonica in
faggio.
G. 8. Cetra da tavolo ungherese, costruita
nella seconda metà del XIX secolo. Lo strumento presenta una forma tipo
"salisburghese", una tavola armonica in abete con due serie di fori
armonici a forma di rosetta. Le 5 corde per la melodia passano sui tasti
metallici infissi sulla tastiera, vi sono inoltre 10 corde di accompagnamento
non tastabili e due triplette di corde più corte per le note acute. Le caviglie
sono in ferro e sul cavigliere e sulle fasce laterali vi è un motivo
ornamentale geometrico.
G. 9. Cetra ad arco da tavolo a forma di cuore
(Streichzither in Herzform) con due fori armonici a forma di effe e quattro
corde accordate Sol-Re-La-Mi come introdotto da G. Fosslen. Austria, seconda
metà del XIX secolo. Tavola in abete, fondo, fasce e ponticello (non originale)
in acero, ventinove tasti in ottone, piedini di restauro in palissandro.
G. 10. Ukelin americano, costruito nel 1925,
marchiato: PRICE $ 35,00 / UKELIN / Distribuited Exclusively by the /
Manufacturers / Advertising Co. / 93 Ferry Street / Jersey City N.J. Lo
strumento, in abete, è lungo mm. 698 ed ha una larghezza massima di mm.193.
Questo strumento può essere suonato sia a plettro sia con un arco molto corto,
ha sedici corde che partono dal cavigliere superiore e terminano ai lati dello
strumento e quattro gruppi di quattro corde che partono dal cavigliere
inferiore e terminano sulla parte superiore della tavola. Questa presenta due
fori armonici tondi e l’indicazione delle note di ciascuna corda.
G. 11. Cimbalom ungherese costruito intorno al
1870 da J. V. Schunda, famosissimo costruttore ungherese, la targhetta infatti
riporta la scritta: SCHUNDA V. J. BUDAPEST. Questo strumento è lo strumento
nazionale ungherese ed è costituito da corde che corrono sul corpo trapezoidale
dello strumento. Queste sono diciannove in gruppi di quattro, quindici in
gruppi di tre e una coppia di gravi. Sul piano armonico, in abete, vi sono
quattro rosette intagliate e cinque serie di ponticelli mobili. Le corde sono
percosse con delle sottili bacchette. Lo strumento ha un pedale che comanda due
levasmorzi laterali.
G. 12. Chiavi per l’accordatura di arpe, zither e
salteri. La collezione comprende nove pezzi databili tra la fine del XIX secolo
e l’inizio del XX secolo ed è composta di: chiave a sezione quadrata (mm. 5 x
5) con impugnatura di mogano lunga mm. 86; chiave a sezione rettangolare (mm. 6
x 5) con impugnatura di mogano lunga mm. 86; chiave a sezione quadrata (mm. 5 x
5) con impugnatura di mogano lunga mm. 85; chiave a sezione rettangolare (mm. 6
x 5) con impugnatura di rovere lunga mm. 81; chiave a sezione rettangolare (mm.
17 x 6) in noce e ottone lunga mm. 62; chiave a sezione rettangolare (mm. 7 x
5) con impugnatura di rovere lunga mm. 72; chiave a sezione quadrata (mm. 5 x
5) con impugnatura di mogano lunga mm. 95; chiave a sezione quadrata (mm. 5 x
5) con impugnatura di legno ebanizzato lunga mm. 85; chiave a sezione
rettangolare (mm. 6 x 5) con impugnatura di mogano lunga mm. 84.
G. 13. Zither tedesca, databile ai primi decenni
del XX secolo, armata con cinque corde di canto su una tastiera con trenta
tasti metallici e ventinove corde di armonia. La tavola è in abete con una buca
centrale ovalare, fondo e fasce di legno dipinto nero, piroli metallici, due
piedini di legno e uno in avorio.
G. 14. Salterio italiano anonimo, probabilmente
lombardo, databile intorno al 1720. Lo strumento è a forma di trapezio isoscele
con i due lati obliqui di 328 e 325 mm. mentre il lato corto è di 353 mm. e
quello lungo di 700 mm. per un’altezza di mm. 62. Sul lato destro sono infissi
ottanta piroli metallici che supportano venti cori di quattro corde, mentre sul
lato opposto vi sono ottanta fermi di ferro per l’aggancio delle corde. Non vi
sono i ponticelli. Sul piano armonico, in abete, vi sono due eleganti rosette
in pergamena dorata mentre i capotasto sono sormontati da un listello in pero.
I lati dello strumento sono dipinti di nero e tutto lo strumento poggia su
quattro piedini.
G. 16. Harp-Zithern da concerto tedesca costruita
a Berlino nel 1899 da Alwin Eichler (1859 -1914) titolare della Aeolian Company
con filiali a Londra e New York. Il cartiglio interno, tondo, mostra la
scritta: in tondo No. 2. American Harp – Zither Concert
all’interno: A. Eichler / Berlin S. / Alexandrinenstr. 110 / London E. C. /
Coronet Work, St. John Street / New York U. S. A. / 33 First Street / D. R. P.
112 000. La cassa è in
legno di abete con fondo e fasce dipinte di nero, a forma di trapezio isoscele
con lati sagomati nella parte superiore e laterale sinistra. Le misure
approssimative sono: base cm. 39, lato lungo cm. 69, lato corto cm. 25 e lato
superiore obliquo cm. 59, il foro sonoro è rotondo, incorniciato da un bel
decoro bianco, e il tutto è sostenuto da tre piedi in legno. Vi sono trenta
corde metalliche di melodia, ancorate alla base e con i piroli posti lungo il
lato obliquo, sotto le quali vi è incollato un foglietto che indica la nota (da
Sol2 a Do4). Le corde di armonia, sempre metalliche, vanno da un lato all’altro
correndo parallele al lato obliquo: vi sono otto cori da due corde che partono
dal ponticello del lato destro e altrettanti da quello sinistro in modo che le
corde vicine non possano essere percosse contemporaneamente. Anche qui vi sono
dei cartigli che indicano le note: a destra vi sono numeri (dal 31 al 46) e
note corrispondenti, a sinistra numeri (dal 47 al 62) e le rispettive note.
G. 17. Salterio di area veneziana databile alla
prima metà del XVIII secolo. la tavola è in abete mentre la cassa, quattro
piedini e il fondo sono in noce. Lo strumento è a forma di trapezio isoscele
con i due lati obliqui di mm. 440, il lato corto di mm. 323, la base di mm. 709
e l’altezza di mm. 70. Sul piano vi sono due rosette in osso con fiore a dodici
petali e quattro ponticelli in legno duro sormontati da barrette metalliche. Il
ponticello più lungo, a dieci colonnine, è alla destra dello strumento: tra le
rosette vi sono due ponticelli da due e tre colonnine mentre sulla sinistra,
tra le corde dei bassi, vi è un ponticello da due colonnine. Le corde sono
ancorate sulla sinistra dello strumento mentre, sulla destra, vi sono le
caviglie metalliche su cui si avvolgono. Vi sono ventitré cori tripli più nove
corde singole per un totale di 78 corde metalliche. Lo strumento è contenuto in
una custodia lignea trapezoidale con i due lati obliqui di mm. 448, il lato
corto di mm. 410, la base di mm. 849 e l’altezza di mm. 150 più quattro piedi.
La custodia è riccamente decorata: l’esterno è sui toni del marrone e del rosso
mattone con tre rose al centro e altre rose agli angoli. L’interno mostra
disegni di volute di foglie in oro su fondo verde con, al centro, un cippo con
un trionfo di strumenti e partiture musicali. La custodia si chiude con una
bella chiave metallica: vi sono anche due bacchette, lunghe mm. 250, in ebano
con la punta curva in palissandro e il fondo verniciato in rosso.
H. 5. Flutina o Harmoniflüte francese, databile
alla metà del XIX secolo e marchiata BUSSON / Brevetè / Paris. L’estensione è
dal Fa2 al Sol5 (23 tasti in avorio + 16 tasti cromatici in ebano) Questo
strumento è un piccolo armonium ad ance libere il cui mantice, posto
posteriormente, è azionato con la mano sinistra mentre la destra si muove sulla
tastiera. Le dimensioni a soffitto chiuso sono 51 x 18 x 30 cm.
J. 1. Bombarda soprano del XVIII secolo,
probabilmente di area veneziana. Il corpo e la campana sono in un unico pezzo
di legno di bosso mentre la pirouette è in ebano. Lo strumento è a doppia ancia
libera ed era suonato appoggiando le labbra sulla pirouette e facendo vibrare
l’ancia in bocca. La bombarda soprano era il più acuto di una famiglia di
strumenti rinascimentali da camera che furono usati fino alla fine del ‘700 per
poi essere soppiantati dagli oboe. Presenta solo sei fori anteriori. La lunghezza
totale è di 314 mm. (esclusa l’ancia), la piruette è 36, corpo e campana 278,
diametro minimo del corpo 18 mentre la larga campana ha un diametro di 50 e una
lunghezza di 122.
J. 9. Dulciana (Fagotto soprano, octave
bassoon, alto fagotto), inglese, costruito nel 1825 da George Wood. Questo
strumento (piccolo fagotto con il La2 come nota più bassa) suona un’ottava
sopra del fagotto, presenta due canne con otto fori anteriori (doppio quello
per il mignolo destro) e tre posteriori di cui uno (per il pollice destro)
chiuso da una chiave di ottone protetta da una gabbietta sempre in ottone. Lo
strumento, in palissandro, non ha il cannello originale, il marchio è: WOOD /
trifoglio ed è lungo mm. 323 mentre il canneggio interno è di mm. 596.
J. 10. Musette a chiavi Lipsia, 1860, costruito
da Julius Heinrich Zimmerman, tre pezzi di legno di rosa con un'inusuale
tornitura del piede, sei chiavi in nichel, nel suo astuccio originale.
J. 11. Musette inglese in palissandro finemente
tornito, databile nella prima metà dell’Ottocento. Lo strumento, anonimo, è
costituito da due parti per un totale di 364 mm. e presenta sette fori
anteriori e un posteriore più due fori di risonanza sulla campana a bulbo di
cipolla.
J. 12. Zampogna pugliese (proveniente da un
convento del Gargano) che ricorda molto la forma della zurna jugoslava,
databile tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX. Lo strumento, in
legno di ulivo è di ottima fattura, è lungo 334 mm. e presenta sette fori
anteriori, uno posteriore e sette piccoli fori di risonanza sulla campana. Lo
strumento è in un pezzo unico più una sorta di pirouette con un’inserzione a
forcella che, ruotando, dovrebbe modificare la conicità dell’inserzione su cui
è montata una doppia ancia libera, modificando quindi l’intonazione.
J. 13. Pratice chanter, Scozia, metà '800, della
lunghezza di 477 mm. Strumento ad ancia doppia (probabilmente non originale)
incapsulata, costruito in palissandro con anelli in ebano, 7 + 1 fori.
J. 14. Ciaramella, Italia meridionale, inizi
’800. Strumento popolare ma di accurata fattura, lavorato al tornio e coltello;
ulivo (corpo) e castagno (campana) tinti; due parti unite a vite. Strumento ad
ancia doppia con 8 + 1 fori (più 5 fori di risonanza sulla campana), ancia
originale, lunghezza 340 mm. (senza ancia).
J. 15. Ciaramella, Italia centro-meridionale,
metà ‘800. Questo strumento, finemente tornito, è composto dal corpo in
ciliegio e dalla campana in castagno uniti a vite. Il corpo presenta otto fori
anteriori e uno posteriore più uno di risonanza posto lateralmente in
prossimità della campana sulla quale sono praticati altri due fori di
risonanza. Lunghezza totale mm. 368.
K. 1. Tamburello napoletano, fine '800, in
origine policromo e con tracce residue di pittura rossa sulla pelle. La
cornice, spaccata in un punto, è di faggio con dodici coppie di piattini
metallici di cui una mancante. Sui bordi vi sono sette fiocchetti di tessuto
rosso. Misure: Diam. 310, H. 87.
K. 2. Tamburello a cornice con piattelli
metallici di fattura molto popolare, napoletano della metà del XX secolo. La
cornice è di legno di abete, i piattelli (due coppie di otto piattelli disposti
su due file) sono ricavati da scatole di latta e la membrana è in cartapecora,
strappata e rattoppata con della plastica. Il diametro è di 348 mm. circa.
K. 18. Maracas italiana, costruita nei primi
decenni del XX secolo, costituita da una noce di cocco del diametro di mm. 118
nella quale è infilato un manico di legno, mordenzato scuro, del diametro di
mm. 22 con due finali torniti. Lo strumento è lungo complessivamente mm. 354 e
sembra costruito per uso teatrale piuttosto che per essere usato nella musica
popolare.
K. 19. Maracas italiana, costruita nei primi
decenni del XX secolo, costituita da una zucca del diametro di mm. 90 nella
quale è infilato un manico di legno scuro, riccamente tornito e lungo mm. 177
con due finali torniti e un anello metallico all’estremità inferiore. I due
fori della zucca, a contatto con il manico, sono abbelliti da guarnizioni in
osso. Lo strumento è lungo complessivamente mm. 305 e sembra costruito per uso
teatrale piuttosto che per essere usato nella musica popolare.
K. 23. Flex-a-tone (o fleximetal), costruito nel
1930 negli Stati Uniti. È un idiofono a percussione indiretta costituito da una
cornice metallica che termina con una maniglia alla cui estremità superiore è
fissata una lamina metallica flessibile; essa viene colpita alternativamente su
ciascun lato da palline di legno nero montate su una lunga molla alla base
libera della piastra. La prima invenzione per un flexatone si trova nei
britannici del 1922 e 1923. Uno strumento chiamato 'Flex-a-tone' è stato brevettato
negli U.S.A. nel 1924 dalla Playertone Company di New York. Si suona tenendolo
in una mano con il palmo attorno al telaio metallico e il pollice
sull'estremità libera della molla in acciaio. Il suonatore scuote lo strumento
facendo sì che le fruste colpiscano le pareti della lamiera e producendo un
suono acuto o grave a seconda della curvatura impressa alla lama dalla
pressione del pollice. Lo strumento ha una lunghezza di mm. 328, la larghezza
di mm. 121 mentre la lamina, in forma di trapezio isoscele, è lunga mm. 196,
larghezza superiore mm. 75 e inferiore mm. 38. Fu utilizzato nel jazz come
effetto per la sua capacità di riprodurre il glissato ma fu utilizzato anche
nella musica orchestrale, nella musica per film e in quella per cartoni
animati.
L. 1. Organetto diatonico francese, marchiato
BUSSON / Brevetè / Paris. Lo strumento è di ridotte dimensioni 243 x 82 x 62
mm. e presenta otto tasti diatonici, due laterali e un ampio tasto per lo sfogo
dell’aria da azionare con la mano sinistra. I tasti e la meccanica (esterna)
sono ricoperti di madreperla mentre il tasto di sfogo è in ottone. Lo
strumento, costruito da Busson, costruttore dell’harmoniflute e inventore del
Bussophone, è databile alla metà dell’Ottocento.
L. 2. Fisarmonica a bottoni detta
“semitonata”, sistema cromatico, costruita dalla ditta “Dallapè” di Stradella
nel 1900, interamente in legno con intarsi, bottoni in avorio, cinquantasei
bassi in quattro file, quarantotto bottoni di canto in quattro file.
L. 3. Fisarmonica semitonata del primo
decennio del XX secolo. L’etichetta interna reca la scritta: FABBRICA DI
ARMONICHE / GUGLIELMO SPARTERA E FIGLI / LECCE – (Puglie). Lo strumento, in
abete lastronato in noce, presenta ventisette tasti con chiusure esterne per il
canto, disposti in tre file (10+9+8) e 24 (8+8+8) con chiusura all’interno
dello strumento per i bassi. I tasti e le chiusure esterne sono in madreperla.
L. 4. Concertina, strumento costruito in
Germania (Harnold?) negli ultimi decenni del XIX secolo. Lo strumento è un
aerofono meccanico ad ance libere a doppia intonazione (diatonico). Fu ideato
da C. F. Uhlig. che trasformò il bandoneon per svilupparne le possibilità
musicali e meglio utilizzare il lato della mano sinistra. Lo strumento è in
palissandro filettato e riccamente ornato in alpacca e roselline di madreperla.
Il lato destro presenta ventisei bottoni, disposti su tre file, per il canto e
il tasto di sfogo rapido dell’aria. Il lato sinistro presenta, sempre su tre
file e con la testa in madreperla, ventuno bottoni.
L. 5. Fisarmonica diatonica del primo decennio
del XX secolo. 19 tasti di canto disposti su due file e 4 + 1 di basso a
chiavi, Il modello ricorda la famosa "l'Imperatrice". Marchio: Robert
Husberg / musikwerke / neuerade / westfalen.
L. 6. Melodeon stile viennese di Hohner, inizi
‘900, dieci tasti soprano di avorio azionati dalla mano destra, mentre il
mantice e i 4 tasti di basso in legno sono azionati dalla mano sinistra. Ogni
tasto fa risuonare una nota diversa, relativamente alla pressione o
all’aspirazione del mantice.
L. 7. Organetto a due bassi (dù botte), inizi
del XX secolo, probabilmente austriaco, diatonico. Il canto è ottenuto da dieci
tasti suonati con la mano destra mentre la sinistra usa due tasti di basso e
uno di svuotamento rapido dell’aria. Il mantice è decorato con carta a disegni
floreali e sulla tastiera compare la sigla HB e una bilancia.
L. 8. Fisarmonica italiana, costruttori i
fratelli “Galanti” Roma, nel 1929, sistema a pianoforte, quarantuno tasti, 120
bassi, cantabile in 4° e bassi in 5°, costruita con legni pregiati quali il
tulipier e il noce nero "evaporato" (black walnut).
L. 9. Organetto anonimo marchiato Mogar,
Milano primi decenni del Novecento. La Società Monzino e Garlandini (Mogar) non
costruirono né commissionarono mai organetti perciò questo strumento
rappresenta una vera rarità. Lo strumento è dotato di tastiera a pianoforte di
due ottave e una nota (Do3 – Do5) e dodici bassi a bottone disposti su 2 file
più il tasto di sfiato rapido. Lo strumento è in legno ricoperto di celluloide
madreperlata verde.
L. 10. Fisarmonica italiana, tipo “cadetto 32”,
costruita a Castelfidardo dalla ditta Orlando Quagliardi nel terzo decennio del
XX secolo. Questo piccolo strumento, ricoperto di celluloide verde, presenta
una tastiera a pianoforte di due ottave da Do3 a Do5 e trentadue bassi.
L. 11. Armonica quadrupla che raggruppa quattro
armoniche indipendenti e intonate in Do Magg., Fa Magg., Sol Magg. e Re Magg.
Lo strumento, costruito in Germania nel primo quarto del XX secolo, reca la
scritta: TREMOLO / Harmonica / M. HONER e sul retro due medaglie Paris 1900 e
Chicago 1893 e al centro TRADE MARK GESETZLICH / GESCHULTZ M. HOHNER. Le
armoniche sono lunghe 223 mm.
L. 12. Armonica a bocca in Do, di dimensioni
molto ridotte costituita da solo dieci fori per un ingombro di 100 x 28 x 15
mm. Strumento costruito dalla Hohner nella prima metà del XX secolo. Incisa vi
è la scritta GLH Great Little Harp HOHNER.
L. 19. Mélophone francese costruito probabilmente
da Leclèrc intorno al 1840. Il melophone fa parte dei numerosi strumenti ad
ancia inventati nel secondo quarto del XIX secolo, ma di cui sono sopravvissuti
solo l’armonium e la concertina. Esso fu inventato e brevettato a Parigi nel
1837 e fu pensato per la musica classica. L'inventore, Pierre Charles Leclèrc,
orologiaio in Rue des Enfans-Rouges, 2 a Parigi, persuase il compositore
Jacques François Fromental Elie Halévy ad includere un assolo di mélophone nella
sua opera Guido et Ginevra del 1838 ed espose per la prima volta questo
strumento alla Exposition nationale de Paris del 1839. Questo gli schiuse le
porte di molti impresari d’opera di Parigi ma il successo del mélophone fu
modesto; declinò rapidamente e ne fu abbandonato l’uso tra gli anni 1850 e 60.
Accanto ad un uso occasionale nei salotti in Francia, fu utilizzato anche in
Italia e in Germania meridionale. Il mélophone è uno strumento ad ancia libera
simile alla fisarmonica, con ance di canto e armoniche con un corpo che ricorda
molto la chitarra e il violino. Nel corpo dello strumento è sistemato un doppio
mantice e una leva che lo aziona, permettendo al suonatore di eseguire tremolo
e staccato, piano e forte. I tasti sono sistemati sul manico, sono in avorio e
comandano un complicato sistema di leve operative, molle e cavi di controllo
situati sulla parte superiore che sollevano le valvole dei tasti di ogni nota
permettendo il passaggio dell’aria e quindi la vibrazione dell’ancia. Questi
strumenti furono costruiti anche da Brown A., in Rue des Fossés-du-Temple, 20
Paris, da Pellerin Charles Alexandre, in
Rue Meslay, 58 bis Paris e in Rue de la Jussienne, 8 Paris che presentarono
degli esemplari nella Exposition nationale de Paris del 1844 e da Porcher, in
Rue Saint-Sauveur, 16 Paris che presentò il suo strumento nella stessa
esposizione del 1849. Lo strumento presenta 8 note cromatiche di basso, 9
cromatiche di tenore, 13 cromatiche di alto, 13 cromatiche di soprano e 12
cromatica di sopranino per un totale di 84 pulsanti a rulli d'avorio. La
lunghezza totale è di mm. 744, senza la leva del mantice, il manico è lungo mm.
239, lunghezza del corpo mm. 505, altezza senza coperchio mm. 105, con il
coperchio mm. 177, larghezza superiore mm. 246, inferiore mm. 284, larghezza
minima mm. 218. La leva è in ottone con la presa in ebano, il manico, su cui vi
è una piastra metallica in cui sono alloggiati i tasti, è in ebano e termina
con un riccio. Le fasce e il fondo sono di uno splendido acero mentre il coperchio
è in abete rosso con due effe simili a quelle dei violini, due ricche
decorazioni in inchiostro nero e una placca tonda in ottone con l’effige di un
nobiluomo e la scritta: Henri de Lorraine, Comte de Harcourt, Grand Ecuyer de
France, che ne identifica la committenza.
L. 20. Concertina inglese costruita da Louis
Lachenal nel 1895, il cartiglio, infatti, riporta la dicitura: LACHENAL &
Cº. / PATENT CONCERTINA / MANUFACTURES / LONDON e poi il numero di serie 38953.
La concertina fu inventata nel 1829 da Charles Wheatstone, ingegnere e fisico
già inventore del symphonium, di cui la prima concertina rappresenta una delle
numerose varianti costruita per lui in scala industriale da Louis Lachenal la
cui ditta fu attiva fino al 1934. La forma più tipica dello strumento è quella
esagonale, le ance, all'interno dello strumento, sono distribuite in maniera
radiale, costeggiando quindi i bordi della cassa armonica e ogni tasto
seleziona una sola ancia per ciascuna direzione del soffietto. Tre sono i tipi
di concertina esistenti: Inglese, Anglo-tedesca e Duet. La concertina Inglese, nata
per prima, è cromatica ed ogni bottone produce la stessa nota sia aprendo che
chiudendo il soffietto. Questo strumento ha quarantotto tasti divisi tra i due
lati (6+7+6+5 per la destra, 6+6+6+6 per la sinistra) a note alterne, vale a
dire che le note scritte sulle linee del pentagramma si trovano in un lato e
quelle sugli spazi nel lato opposto. La disposizione è volutamente pensata per
facilitare la lettura dello spartito, essendo lo strumento originariamente
concepito per eseguire musica colta. Su entrambi i lati i bottoni sono disposti
lungo quattro file verticali, le due centrali (bianche) per le note naturali e
le due laterali (nere) per gli accidenti. L'estensione è di tre ottave ed una
quarta, va dal SOL sotto il DO centrale e il DO tre ottave sopra, esattamente
come il violino. La concertina è sorretta dai pollici del musicista tramite
lacci regolabili in pelle, mentre due "L" metalliche permettono ai
mignoli di reggere parte del peso. Le due casse armoniche esagonali in legno
sono della lunghezza di mm. 90 per mm. 50 di altezza separate da un mantice a
soffietto per una altezza complessiva di mm. 117. Vi è la custodia originale.
L. 21. Armonica a bocca diatonica Hohner 263
Chromatica, costruita alla metà del XX secolo e utilizzata nelle orchestre di
armoniche a bocca. È lunga mm. 361, con trentacinque canne doppie dal Sol al
Fa. Sulla copertura, oltre alle note segnate in dei cerchi, vi è la dicitura: M
stella HONER’s, TRADE MARK, quattro medaglie ottenute dal 1893 al 1927, M
HONER, made in Germany, CHROMATICA N° 263. Il corpo centrale (comb) è in legno
di pero ricoperto di radica, le ance in ottone, le coperture di metallo cromato
e la custodia in cartone.
L. 22. Armonica a bocca Hohner contrabbasso 265
Chromatica, costruita alla metà del XX secolo e utilizzata nelle orchestre di
armoniche a bocca. È costituita da due armoniche incernierate tra di loro, la
prima con quindici canne per le note naturali dal Mi al Mi, la seconda con
quattordici canne per le note intermedie alterate e quattro note naturali.
Questo strumento non è diatonico, cioè si può suonare solo soffiandoci dentro e
non anche aspirando l’aria. Il corpo centrale (comb) è in legno di pero ricoperto
di radica con una copertura di bachelite bianca sulla zona d’insufflazione, le
ance in ottone e le coperture di metallo cromato. Su di queste sono incise le
note segnate in dei cerchi e la dicitura: M stella HONER’s CHROMATICA, TRADE
MARK, quattro medaglie ottenute dal 1893 al 1927, M HONER, made in Germany, N°
265. Lo strumento, lungo mm. 223, è nella sua custodia di legno ricoperto di
radica.
L. 23. Armonica a bocca diatonica Hohner ad
accordi (267/384 "48 chord”) costruita alla metà del XX secolo e
utilizzata nelle orchestre di armoniche a bocca. È costituita da due armoniche
incernierate tra di loro, con ognuna dodici gruppi di 4 + 4 (96 fori doppi per
un totale di 384 canne. Sulle coperture di metallo cromato dei due strumenti vi
è la scritta M stella HONER / MADE IN GERMANY e vi sono segnati i 48 accordi
che può eseguire (12 maggiori, 12 minori, 12 settima, 6 diminuiti, 6
aumentati): GES, DES, AS, ES, Eb, F, C, G, D, A, E, B. Lo strumento è lungo mm.
586, il corpo è in legno di pero e la custodia in legno ricoperto di vinile
nero.
L. 24. Harmoni-cor (Hautbois Nouveau) costruito
intorno al 1865. L’harmoni-cor fu brevettato da Louis Julien Jaulin negli anni
‘50 e, nelle intenzioni del suo inventore, avrebbe dovuto sostituire l’oboe e
il corno inglese. È costituito da ventotto pistoni metallici con tasti bianchi
e neri come quelli del pianoforte, in cui sono allocate ance metalliche che
emettono i suoni (dal Si2 al Re5). Il corpo è in palissandro, della lunghezza
di mm. 494 con campana del diametro di mm. 62; è marchiato: HARMONI-COR / J.
JAULIN INVR / B S.G.D.S. / A PARIS. Questo strumento è appartenuto al
musicologo, compositore ed egittologo Guy Bernard il quale compose musiche per
i documentari che, nel dopoguerra, precedevano la proiezione dei film di autori
celebri.
L. 25. Organetto diatonico databile all’ultimo
decennio del XIX secolo. La tastiera ha ventuno tasti disposti su due file,
voci in 2ª al canto (undici bianchi in avorio alternati a dieci in legno di
palissandro), otto bassi a bottone in madreperla a pistone esterno che poggiano
su due supporti di legno disposti su due file, voci in 3ª ai bassi e un tasto
di sfiato sul lato esterno della cassa dei bassi. La cassa del canto e la
tastiera sono decorate con intarsi di legno policromo a motivi geometrici. Un
traforo di legno impiallacciato nasconde le valvole frontalmente, al centro
della cassa del canto, incassata nel legno e protetta da un vetro, vi è la
targhetta della ditta costruttrice: PREMIATA FABBRICA / di ARMONICHE / CAV
PAOLO SOPRANI e FIGLI / CASTELFIDARDO / ANCONA ITALIA. Mantice in cartone a
diciotto pieghe, rivestito con satin bianco, rinforzato negli angoli con
supporti metallici. La ditta Paolo Soprani è fondata nel 1863 a Castelfidardo.
Cessa l'attività nel 1987. L'industria della fisarmonica ebbe inizio nel 1863
quando una copia dello strumento di Demian, attraverso un pellegrino austriaco,
capitò nelle mani del giovane Paolo Soprani di Castelfidardo. Paolo Soprani
studiò quello strumento nei minimi particolari tanto da essere in grado di
riprodurlo. Nel 1864, infatti, insieme ai suoi fratelli, decise di aprire una
bottega dove si sarebbe occupato della produzione di fisarmoniche. Le
dimensioni sono: mm. 235 x 170 x 280 mentre la tastiera sporge di mm. 58.
L. 26. Examina, apparecchio per testare le
armoniche a bocca senza dover poggiare le labbra sugli strumenti. Sul dorso,
dopo l’impugnatura vi è scritto: HOHNER’S / EXAMINA / SHUTZ (corno con la
scritta SPORT) MARKE / DIE QUALITATSMARKE / (su immagine di armonica) ECHO / M
HOHNER. Esso è costituito da un mantice dalle pareti lignee e un foro di sfogo
rettangolare su cui si poggia l’armonica da provare. Le dimensioni, a mantice
chiuso, sono mm. 120 x 224 x 40.
L. 28. Organetto Hohner, modello steel reeds on
individual plates, in Do maggiore, costruito in Germania tra gli anni 1920 e
1930, principalmente per il mercato statunitense. Questo organetto diatonico
monta ance in acciaio su singole piastre di zinco per un “suono brillante e
chiaro”. Vi sono dieci tasti bianchi per la melodia e tre chiavi, due per il
basso e una di sfiato rapido. Vi sono due serie di ance per i bassi e quattro
per gli acuti, governate da quattro pomelli neri posti superiormente allo strumento.
Le misure sono: mm. 279 x 209 x 153. Il mantice è costituito da diciannove
elementi colorati sul dorso (5 + 5 bianchi alle estremità, 3 + 3 rossi
intermedi e 3 oro al centro).
L. 29. Fisarmonica italiana, costruita intorno al
1950 a Castelfidardo (AN) da Agostinelli Nazzareno che, dal 1946 al 1977,
costruì fisarmoniche col marchio L’Artigiana. Lo strumento è in celluloide
rossa con inserti nichelati. Il marchio recita: L’ARTIGIANA / MADE IN ITALY /
CASTELFIDARDO. Al centro vi è l’immagine di una suonatrice di strumento a
fiato, le lettere L e A e alcune note. La tastiera, a pianoforte, presenta
trentasette tasti di cui ventidue in madreperla per le note naturali (Sol –
Sol) e quindici in celluloide rossa per le note alterate. Sulla tastiera vi
sono sette registri al canto (master, celeste, bandon, accord, violin, basson,
master) mentre la mano sinistra comanda ottanta pulsanti neri di basso posti su
cinque fila. Il mantice è formato da sedici scomparti con rinforzi metallici ai
bordi.
L. 31. Fisarmonica Lucciola, in celluloide rossa,
costruita nel quarto decennio del XX secolo dalla ditta Settimio Soprani di
Castelfidardo (AN). La tastiera, a pianoforte, presenta trentaquattro tasti
(Sol – Mi) e, anteriormente, quattro grossi tasti tondi di sordina. Vi sono
ottanta bassi, su cinque file, cinque registri alla tastiera (bassoon, bandon,
master, violin, clarinet) e due ai bassi. Il mantice è formato da sedici
scomparti con rinforzi metallici ai bordi.
Le dimensioni sono cm 60 x 29 x 12. Lo strumento è appartenuto alla
signora Vincenza Cassì di Comiso (RG). La nuora, signora Titti Pagliarini,
moglie del figlio Paolo, ne fa dono al museo il giorno 24 giugno 2023.
M. 1. Ghironda francese della metà del XIX sec,
firmata sul lato del castelletto e sotto il coperchio da Pajot Fils,
costruttore di strumenti a Jenzat. Lo strumento è a forma di “vielle en luth”,
monta due chantarelles (di cui una sola tastabile), mouche, trompette con
trompillon, grand bourdon, petit bourdon e quattro corde di risonanza sulla
tavola. Il guscio è a doghe alternate di acero e palissandro, con una
mascherina a motivo floreale sulla parte della manovella. La tavola è in abete
bordata da un intarsio di tasselli di avorio ed ebano, alternati a doppia
filettatura e da disegni a inchiostro rosso e nero. I ponti sono in acero, il
copriruota, il coperchio del castelletto e la cordiera sono in noce con intarsi
floreali in legno di rosa. In ebano è il bottone della tracolla posteriore; in
avorio sono i due anteriori e il fermo del copriruota. La ruota, in acero, è
prigioniera e l’asse di ferro non è smontabile; dietro la ruota è visibile il
foro di lubrificazione. La manovella è di ferro mentre l’impugnatura e il
pirolo del trompillon, quello di regolazione della trompette, sono in avorio.
Nel castelletto sono alloggiati tredici tasti diatonici in ebano e dieci tasti
cromatici in avorio. Ponti e castelletto sono in acero e quest’ultimo, oltre
alla firma dell’autore, presenta quattro figure dipinte a inchiostro. La
scatola dei piroli è in acero con sei piroli in palissandro ebanizato (5
originali e 1 di restauro) ed essa è sormontata da una testa femminile scolpita
e dipinta.
M. 4. Trombe di S. Pietro in terracotta non
smaltata, Puglia, seconda metà del XX secolo. Questi strumenti, da cui si
possono trarre solo poche note in armonica,
sono strumenti devozionali (usati dai bambini durante la processione di
S. Pietro a Grottaglie), in un pezzo unico compreso il bocchino. La prima
stretta e lunga (454 mm.) con bocchino molto largo, la seconda più panciuta e
corta (303 mm.) con bocchino più piccolo, la terza circolare, della lunghezza
di mm.1202 e del diametro di mm. 229, la quarta è circolare, del diametro di
mm. 292 e presenta un padiglione a forma di testa di gallo (tipico della città
di Grottaglie), la quinta è circolare ed ha un diametro di mm. 261, la sesta è
di mm. 267 in terracotta graffita ed è stata realizzata da Rosario Mastro alla
metà del XX secolo.
M. 5. Scacciapensieri (marranzani, jaw’s harps,
guimbarde), piccola collezione di sedici strumenti costruiti nel XIX e nel XX
secolo in Italia, Austria, Inghilterra, India e Afganistan; il primo è inglese,
a forma di ferro di cavallo ed è firmato J. R. SMITH (fratelli attivi ai primi
del ‘900), il secondo, decorato su tutta la struttura, potrebbe essere
italiano, il terzo è inglese con una forma inusuale a croce, il quarto è
siciliano come il quinto, il sesto e il tredicesimo sono di provenienza afgana,
il settimo è firmato J. R. SMITH / ENGLAND,
l’ottavo è un vecchio scacciapensieri del Rajastan (India) detto
"Morchang", il nono è inglese ed è marchiato ENGLAND su entrambe le
forcelle, il decimo è probabilmente sardo, l’undicesimo è austriaco, il
dodicesimo è inglese probabilmente del XVIII secolo rinvenuto durante uno scavo
per cui ne è rimasta solo la struttura in bronzo mentre la linguetta in ferro è
andata distrutta, il quattordicesimo è sardo mentre l’ultimo è austriaco e
presenta la peculiarità di avere una linguetta doppia. Questo strumento, dalle
origini antichissime e dalla diffusione in disparate regioni del mondo, ha
avuto anche le sue musiche e i suoi virtuosi. Albrechtsberger scrisse alcuni
concerti per scacciapensieri, mandora e archi; in Germania furono eseguiti, tra
il 1821 e il 1830, concerti da complessi di ben sedici scacciapensieri.
M. 7. Tamburo a cornice salentino, seconda metà
del XX sec. Il diametro complessivo è di 425 mm. mentre quello della pelle di agnello
è di 415 mm. La cornice, in faggio, misura 90 mm. di altezza. Tympanon
ricostruito partendo da una terracotta magnogreca raffigurante una menade con
un tympanon, della seconda metà del III secolo a. C., trovata a Taranto nel
1959 e inventariata nel Museo Archeologico di Taranto con il numero 114302. Lo
strumento ha un diametro di mm. 445, la cornice è costituita da due fasce di
mm. 4 di faggio alte mm. 51. La pelle di capretto è conciata con metodi
naturali.
M. 10. Cornamusa zoppa (molisana) in Fa, costruita
a Scapoli (IS), in pelle e lana di agnello e legno di olivo. La sacca è
piccola, stretta e lunga. Vi è un’imboccatura, un chanter muto, un bordone e
due chanter. Quello per la mano destra presenta quattro fori anteriori e uno di
risonanza sulla campana, quello per la sinistra presenta quattro fori (di cui
l’ultimo doppio) anteriori e un portavoce più quattro fori di risonanza, due
sul fusto e due sulla campana.
M. 17. Fiscaleddu, flauto a becco siciliano, in
canna, costruito alla metà del XX secolo. Lo strumento presenta sei fori nella
parte anteriore praticati con un metallo arroventato.
M. 18. Pifferi popolari pugliesi del XX secolo,
costituiti da tubi di ottone con sei buchi anteriori, un’imboccatura senza
boccola e un tappo di sughero all’estremità superiore. Questi strumenti, di
fattura molto approssimativa, sono utilizzati dalle basse musiche pugliesi e
lucane. Le basse musiche sono complessi costituiti da un piffero e percussioni
(grancassa, piatti e alcuni tamburi).
M. 19. Tritone, (tromba di conchiglia), sorta di
corno costituito da una grossa conchiglia marina a cui è stato costruito
un’imboccatura alla punta. Lo strumento, di provenienza calabrese, è databile
alla prima metà del XX secolo, è lungo approssimativamente 260 mm. x 25 mm. ed
è costituito da una splendida conchiglia bianca che produce suoni profondi e
cambia nota modificando la posizione della mano nel padiglione.
M. 20. Launeddas sarde (metà XX secolo), sono dei
clarinetti policalami con tre canne. La più lunga di queste canne si chiama
"Tumbu", non ha fori naturali e fornisce una nota grave continua che
funge da pedale (o bordone) continuo a tutta la musica eseguita. Il secondo
tubo si chiama "Mancosa manna" ed è accoppiato al Tumbu (che rimane
all'estrema sinistra) con una legatura di spago impeciato: si suona con la mano
sinistra tenendo il pollice sotto per mantenere il peso, ha cinque piccoli fori,
quattro dei quali sono coperti con i polpastrelli dell'indice, medio, anulare e
mignolo. Il quinto foro, quello in basso chiamato "Pentiadori" o
"Arrefinu" resta sempre aperto. Il terzo tubo, più corto degli altri,
si chiama "Mancosedda" o "Destrina" in quanto è suonato
dalla mano destra. Ogni tubo ha incastrata un'ancia battente che è elaborata
sullo stesso cannellino, in modo che all'estremità resti ancora un pezzo del
nodo del cannellino medesimo. Lo strumento si suona imboccando tutte e tre le
ance contemporaneamente. La tecnica della respirazione per suonare le Launeddas
merita un discorso a parte in quanto la nota grave del bordone non si deve mai
interrompere. Questo implica da parte del suonatore una perfetta conoscenza del
così detto "fiato continuo", tecnica del tutto particolare che
consiste, in sintesi, nel riprendere fiato dal naso utilizzando, in
quell'istante, l'aria tenuta di riserva nelle gote della bocca, gonfiate a
forza. Quest’operazione, di norma, avviene nell'ultimo quarto della battuta e
deve risultare impercettibile all'ascoltatore. Il fiato continuo é senza dubbio
una delle caratteristiche più suggestive della musica delle Launeddas: intere
sonate vengono straordinariamente eseguite senza interruzioni per tempi che,
tradizionalmente, possono anche essere molto lunghi (si parla di ore).
M. 29. Alphorn piccolo, costruito nei primi decenni
del XX secolo in Svizzera. Lo strumento ha il corpo, in abete, lungo mm. 525,
la campana del diametro di quarantatré ed è ricoperto di scorza di betulla.
L’alphorn è uno dei più antichi strumenti a fiato: è costituito da una tromba
lunga di legno a cameratura conica, di solito dritto ed è lungo oltre 2 metri
oppure ripiegato in tre parti. Questo è lo strumento caratteristico della
Svizzera, della Baviera e dell’Austria, ha un bocchino di legno e produce solo
gli armonici naturali.
M. 33. Cornetto da panettiere o da banditore, ad
ancia metallica semplice incapsulata nell’imboccatura. Lo strumento, in ottone,
databile ai primi decenni del XX secolo è lungo mm. 271.
M. 37. Flauto dolce ricavato da un cevara inserendo
al piede un becco da flauto dolce in legno. La modifica è avvenuta in Francia
nei primi decenni del XX secolo. Lo strumento ha una lunghezza complessiva di
mm. 820, presenta sette fori anteriori e posteriormente il portavoce e due fori
di risonanza.
M. 38. Totarella del Pollino, oboe popolare ad
ancia doppia. Questo strumento accompagna in molte esecuzioni la zampogna a
chiave lucana, e in quanto tale è costruito e accordato con la zampogna alla
quale si accompagna (sol+; fa+; 3 palmi, ecc...), pertanto, ogni pezzo è un
strumento assolutamente unico. La Totarella ha sette fori anteriori e uno
posteriore (a differenza delle ciaramelle del centro Italia che ne hanno 8 + 1)
ed è utilizzata anche come strumento solista, con un’altra totarella, di
maggiori dimensioni, che funge da basso. Questo strumento, lungo mm. 376, è in
due pezzi: la campana, infatti, s’innesta a vite sul fusto. La totarella è in
ulivo e presenta quattro fori si risonanza, due sul fusto e due sulla campana.
M. 41. Ocarina a due chiavi e pompa d’intonazione
metallica, austriaca, in terracotta smaltata e dipinta, costruita nel primo
decennio del Novecento da Heinrich Fiehn, costruttore morto nel 1941 e che dal
1879 costruiva strumenti di altissima qualità venduti principalmente negli USA.
Lo strumento presenta un ovale nel quale vi è la dicitura H. Fiehn Made in
Austria e due medaglie d’oro a testimonianza di premi presi durante esibizioni
internazionali. Lo strumento è lungo mm. 149 e presenta 8 + 2 fori aperti e due
chiavi.
M. 42. Campane tubolari. Strumento artigianale
chiamato tubofono dal suo costruttore, Sgobio Vito Nicola, formato da una cassa
a forma di parallelepipedo a base trapezoidale (lati corti di mm. 250 e 150,
lato lungo mm. 690, altezza mm. 145) su cui sono poggiate ventuno campane
tubolari metalliche dall’intonazione molto approssimativa. Lo strumento risale
alla seconda metà del XX secolo e successivamente la cassa è stata abbellita
con un decoupage.
M. 44. Cornamusa scozzese (great highland bagpipe),
anonima, costruita alla metà del XX secolo. Questo strumento è un aerofono a
riserva (sacca), ha un’ancia doppia per il chanter e ancia singola per i tre
bordoni (due tenori e un basso). La sacca è in pelle di capra mentre le canne
sono in african blackwood con finiture in ottone nichelato e caseina (avorio
artificiale), la copertura è in Royal Stewart tartan con i bordoni tenuti
insieme da un cordone dello stesso colore. Il charter presenta sette fori anteriori
e uno posteriore oltre a due fori armonici sulla campana ed è lungo mm. 333, i
due bordoni tenore sono lunghi mm. 334 mentre il basso mm. 467.
M. 45. Bombarda bretone in legno di bosso,
francese, anonima, databile alla metà del XVIII secolo. Lo strumento è in due
parti: il corpo superiore, della lunghezza di mm. 292, presenta sei fori
anteriori mentre la campana, della lunghezza di mm. 147, presenta due fori di
risonanza sul collo e due sulla svasatura della campana. Questo strumento,
elegantemente tornito, mostra una lieve incurvatura e, come tutte le bombarde,
ha una sola ottava di estensione e si suona con una doppia ancia.
M. 47. Zampogna a chiave, costruita nella zona del
Pollino nella seconda metà del XX secolo. Lo strumento è costituito da un otre
di pelle di capretto rivoltata (con il pelo all’interno) e trattata con
verderame. L’insufflatore è costituito da un pezzo di canna avvolto da una
camicia di legno e presenta una valvola di non ritorno. Il ceppo è di forma
troncoconica, riccamente tornito, e alla cui base sono presenti quattro fori
per i fusi. Il ceppo e i fusi sono in acero tinteggiato giallo. La zampogna a
chiave, diffusa nel nord della Calabria e in Basilicata, ha canne coniche, due
di canto (la manca e la destra rispettivamente per la mano sinistra e destra) e
due bordoni (trum il più lungo e sc’kantillo il più piccolo) accordati
all’ottava. Le canne hanno tutte una campana e montano un’ancia doppia. La
manca ha tre fori per le dita e una chiave per il mignolo accolta in un
coprichiave a forma di piccola botte, sul coprichiave vi sono cinque fori di
risonanza mentre due sono quelli posti sulla campana. La lunghezza della manca
determina la tonalità dello strumento: questo è un tre palmi e mezzo ed è
accordato in Mi per cui produce le note La, Si, Do, Re, Mi. La destra ha cinque
fori anteriori (doppio quello per l’anulare) e un portavoce più due fori
armonici sul fusto e due sulla campana per cui produce le note Sol, La, Si, Do,
Re, Mi. L’accordatura di una zampogna è operazione molto complessa per cui si
ricorre a piccole parti di cera che modificano l’ampiezza dei fori e allo
scorrimento del fusto sul calzetto (il tenone) per modificarne la lunghezza. Lo
strumento è dotato di tappi di sughero, utilizzati per escludere i bordoni
durante l’accordatura, quattro ance doppie di cui tre funzionanti e un pezzo di
cera attaccato al ceppo.
M. 50. Pipiolu della Barbagia in Mi bem: i quattro
fori per le dita sono presenti esclusivamente sulla parete anteriore e la canna
non è interrotta dal nodo che, opportunamente sfondato, è invece situato
nell’estremità inferiore. La zeppa in sughero (su tupponi) presenta
un’angolatura di circa 50° nella parte interna parallela al taglio del becco.
In Sardegna si riscontrano tre tipologie principali di flauti a becco: il
sulittu della Marmilla, il cosiddetto pipiolu del Logudoro in uso nel Campidano
di Cagliari e il pipaiolu della Barbagia. Le differenze tra i primi due si
evidenziano nel numero dei fori e nella posizione di quello posteriore
(rispettivamente 3 + 1 e 4 + 1) rispetto al nodo centrale dello strumento,
mentre il pipaiolu barbaricino si distingue ulteriormente per l’assenza del
foro posteriore e per la posizione del nodo. Lo strumento, conservato da
Schilwe Kerstin, è stato costruito a Silius (Sardegna) in canna stagionata,
presenta un labium (sa fentana) incisa a coltello e i fori rifiniti con ferro
arroventato, è lungo mm. 126 e largo 20.
M. 53. Cupa-cupa pugliesi, costruiti alla fine del
XX secolo a Lucugnano (LE). Questi sono tamburi a frizione costituiti da una
cassa di risonanza sulla quale è stesa la pelle di capretto al centro della
quale passa un’asta di canna. Il suono è prodotto dallo sfregamento della mano
bagnata (protetta da una spugna o da un panno) lungo la canna la quale
trasferisce le vibrazioni alla pelle tesa. Gli strumenti pugliesi in genere
hanno una cassa costituita da un vaso in terracotta mentre gli strumenti della
tradizione campana e lucana sono costruiti con cilindri di latta (generalmente
grossi contenitori per alimenti) o di legno e con pelle più dura quale quella
di capra o di asino. Questo strumento ha numerosi sinonimi: Caccavella,
Spernacchiatore, Puti-Puti, Pignato, Cute-Cute, Cupello, Pan-Bomba (d'origine
spagnola), Cupi Cupi. La coppia di strumenti è costituita da due vasi da mm.
203 e 185, con tre manici, decorati con figure di onde e righe e ornati da
nastri tricolori. Lo strumento più piccolo presenta una struttura di supporto
per la canna che parte dai manici e finisce in un anello ricoperto di stoffa
rossa.
M. 60. Flauto di corno di capra (gemshorn)
italiano, risalente agli ultimi anni del XX secolo. Lo strumento presenta la
finestra del labium, quattro fori anteriori e uno posteriore per le dita della
sola mano destra e un foro di sfogo oltre alle lettre G e M che potrebbero
farlo risalire al costruttore Giuseppe Minghella di Maranola (LT). Alla base vi
è uno zaffo di legno sagomato con una piccola fessura per l’insufflazione
mentre alla punta vi è un foro per il laccio, la lunghezza totale è di mm. 310.
M. 61. Ocarina italiana, costruita da Antonio
Canella (1878-1940) a Ferrara nel primo decennio del XX secolo. Questi, come
Donati, lavora a vari tipi di ocarine doppie e inventando la bi-ocarina (una
sopra l'altra), con un pistone di metallo per modificare l’intonazione. Ha
fatto fino a 100 ocarine al giorno e le ha esportate in tutto il modo facendo
anche ocarine artistiche per commissioni speciali. Questa è in Do, è lunga mm.
262, e presenta due rinforzi metallici, uno alla punta e una ghiera all’altra
estremità. È marchiata ANT CANELLA / FERRARA (Italia), colorata in nero con
decorazioni vegetali intorno ai fori.
M. 66. Tamburello a sonagli gigante, databile al
primo decennio del XX secolo, di area partenopea. Lo strumento ha un diametro
di mm. 830 e un’altezza della cornice di mm. 125 ed è dotato di sei coppie di
piattini in latta. La parte battente non è in pelle ma in un sottile foglio di
legno con una pittura di arte popolare rappresentante una coppia di ballerini
in abito tradizionale su fondo giallo e con alle spalle il Vesuvio.
M. 73. Fischietti di Grottaglie (TA) in terracotta
costruiti da Francesco Santoro. Essi sono costituiti da una sottile foglia
quadrangolare di creta i cui lati sono sollevati e congiunti tra loro lasciando
un piccolo foro quadrangolare centrale. Il suono è prodotto poggiando le labbra
su di un lato e indirizzando il fiato contro il margine affilato del lato
opposto. Il primo ha una dimensione di mm. 53 x 69, il secondo mm. 65 x 75, il
terzo mm. 54 x 50, il quarto mm. 55 x 32 e il quinto mm.45 x 36.
M. 74. Banda turca, sei figure presepiali di
musicanti provenienti da un presepe napoletano della fine del XIX secolo. Le
sculture, in legno policromo e tessuto, rappresentano sei musicanti turchi.
Tutte le figure indossano un turbante, una camicia azzurra con polsini bianchi,
un gilet rosso, pantaloni bianchi, calze azzurre e babbucce. I musicanti sono
tre di carnagione nera e tre bianca e suonano un oboe, una bombarda, un
tamburo, un serpentone e un corno mentre l’ultimo è il mazziere.
M. 76. Sordulina in Mi Sibem, costruita alla fine
del XX secolo da Francesco Possidente ad Acquaformosa (CS). La surdulina
(sueniciell) è un piccolo strumento pastorale, da transumanza, presente tra
l’estrema porzione meridionale della Lucania e buona parte della provincia di
Cosenza, soprattutto nelle comunità Arbëreshë (nelle località a influenza
albanese lo strumento è chiamato karramunxia). Presenta due chanter di pari
lunghezza, un bordone minore e un bordone maggiore di dimensioni superiore a
quelle dei chanter (caso unico nelle zampogne italiane). L’accoppiamento di
ance semplici a canneggi, sempre perfettamente cilindrici e di piccolo
diametro, unito alla particolare disposizione dei fori sui due chanter, rendono
la surdulina il modello di zampogna italiana più piccolo in circolazione. Non
solo; insieme alla zampogna di Fossalto è l’unico caso fra gli aerofoni a sacco
italiani che utilizza doppi clarinetti a dita parallele, caratteristica tipica
degli strumenti del Mediterraneo e dei Balcani. Questo strumento è costruito
tutto in ulivo selvatico con i due chanter di mm. 128, (con quattro fori per le
dita per ritta e manca ma sulla prima vi è anche uno di risonanza). I bordoni
sono di mm. 58 e 156. Il bordone acuto (fischietto o scandillo) e la manca (chanter
di sinistra) sono zeppati. Il ceppo, tronco-conico, è alto mm. 115 e largo,
alla base, 98; su di esso vi è un pezzo di cera d’api per modificare l’apertura
dei fori e due punteruoli, in legno e in osso, per modellare la cera. La sacca
è in pelle di capretto e l’imboccatura è in canna infilata in un piccolo ceppo
di ulivo.
M. 79. Ceppo, due chanter e due bordoni di
sordulina ln Sol calabrese databile alla prima metà del XX secolo. Ci sono due
chanter di pari lunghezza, un bordone minore e un bordone maggiore di
dimensioni superiore a quelle dei chanter, tutti con cameratura interna
cilindrica e di mm. 8 di diametro. Questo strumento è costruito tutto in legno
decorato a figure geometriche, greche e foglie tranne il fusto del bordone
maggiore che sembra di restauro. Tutte le canne terminano in padiglioni molto
larghi (mm. 110 per i chanter, 120 e 105 ber i bordoni) con funzione solo
estetica perché il canneggio interno è sempre cilindrico. I due chanter,
dall’uscita dal ceppo, sono di mm. 208, (con quattro fori per le dita per ritta
e manca; sulla prima vi è anche uno di risonanza mentre la seconda e zeppata da
un pezzo di cera che permette di silenziarla chiudendo tutti i fori). I bordoni
sono di mm. 112 quello acuto (fischietto o scandillo) e 232 quello grave (trumm
o trombone). Il ceppo, tronco-conico, è alto mm. 131 e largo, alla base, 135.
M. 82. Bombarda bretone, anonima, in Sol, databile
ai primi decenni del XX secolo, in legno di frutto dipinto di nero. Lo
strumento presenta sette fori anteriori con una chiave per quello del mignolo
destro e due fori di armonia sulla campana la quale si presenta poco svasata,
simile a quella dei clarinetti. La chiave, le due ghiere, il poggiadito e il
supporto per la doppia ancia sono in ottone. Lo strumento è in tre pezzi per
una lunghezza totale, escluso il supporto dell’ancia è di mm. 475.
M. 85. Pipioli in osso (Pipiolu “e ossu”) databili
ai primi decenni del XX secolo, di manifattura sarda, nella zona del Logudoro,
detti anche “sulittu del Campidano”. Questo tipo di zufolo, ormai scomparso, è
ricavato da un osso, generalmente da uno stinco di agnello o volatile di grosse
dimensioni, e presenta un numero di fori tra tre e cinque. Questi strumenti
sono molto piccoli, di mm. 67 e 72, entrambi in Fa, presentano solo due fori
anteriori e uno posteriore in posizione superiore a quelli anteriori e un
grosso labium di mm. 9.
M. 88. Ocarine da concerto in Do costruite
nell’ultimo decennio del XX secolo da Fabio Menaglio in argilla rossa.
L’ocarina, inventata da Giuseppe Donati a Budrio nel 1853, è uno strumento
musicale popolare a fiato, un flauto globulare di terracotta a forma ovoidale
allungata, proprio come una piccola oca senza testa, con un'imboccatura a lato
e nel corpo praticati i vari fori per le dita. Nel 1989 Fabio Menaglio rileva
la ditta di Arrigo Mignani a Budrio anche se si ispira è Cesare Vicinelli,
considerato da tutti il più grande costruttore di ocarine. I suoi strumenti
sono di straordinaria qualità e molto ricercati da tutti i suonatori di
ocarina. Gli strumenti, due tagliati in
Do1 e uno in Do3, presentano nella parte posteriore due fori per i pollici e
uno del labium e nella parte anteriore quattro fori per la mano sinistra e
quattro per la destra. Sull’imboccatura è presente il marchio ottagonale che
recita: all’esterno DITTA ARTIGIANA – F. MENAGLIO / in centro BUDRIO. La
lunghezza è di mm. 168 per quella in Do 3, mm. 123 per quelle in Do1.
M. 90. Corno pastorale, in corno bovino, italiano,
realizzato da Fabio Anti. Sette fori anteriori più uno posteriore in basso per
l’intonazione. La base, chiusa da una zeppa di legno con la piccola fessura
d’insufflazione, è ovalare della dimensioni di mm. 94 x 74. La lunghezza totale
è di circa mm. 430. Lo strumento è decorato con vernice avorio.
M. 91. Sega musicale, detta anche sega cantante o
sega ad arco, italiana, databile alla prima metà del XX secolo. Questo è uno
strumento musicale atipico: è formato da una normale sega trapezoidale da
falegname in acciaio, si suona con un archetto da violino o percossa attraverso
l'utilizzo di martelletti. Si suona da seduti, con il manico della sega tra le
cosce, i denti rivolti verso di noi e la punta afferrata con la mano sinistra.
Il suono è contemporaneamente dolce e vibrante, lamentoso; può ricordare quello
del theremin. Non sono possibili passaggi di agilità e note brevi, data la
lunga risonanza della lama. La dinamica è piuttosto limitata. Oltre al suono
prodotto con l'arco, la sega può essere suonata anche con bacchette morbide,
creando un effetto misterioso. Sebbene sia elencata tra gli strumenti
"accessori" dei percussionisti, la sega musicale richiede una certa
perizia nell'uso dell'arco ed un buon orecchio melodico. Lo strumento viene
quindi suonato da uno specialista, da un percussionista o da un suonatore di
strumenti ad arco dotato della necessaria apertura mentale. Nasce come
strumento popolare intorno alla metà del XIX secolo. A partire dagli anni 1920
ebbe un certo uso presso le orchestre di musica leggera, dei circhi, di varietà
e di jazz. Tra i grandi virtuosi di questo curioso strumento va ricordato il
tedesco Friedrich che nel 1928 suonò alla Staatsoper di Berlino un recital
solistico diretto da Erich Kleiber. La sega compare, tra le altre composizioni,
in opere di Mauricio Kagel, Krzysztof Penderecki, Azio Corghi, Salvatore
Sciarrino, Fabio Nieder. Inizialmente i principianti hanno problemi di
stonatura e trovano difficoltà a produrre una nota pura. Tuttavia con
l'esercizio e lo studio dello strumento, questi problemi in genere scompaiono
gradualmente. Non è necessario conoscere la musica per suonare una sega
musicale. È possibile suonarla semplicemente a orecchio. Le dimensioni dello
strumento sono: lunghezza mm. 554, altezza della lama alla punta mm. 60 e
altezza del manico mm. 119.
M. 93. Cornamusa a chiave campano-lucana in Sol
(tre palmi), costruita a Prato Perillo, la più popolosa frazione del comune di
Teggiano, in provincia di Salerno. Questa tipologia di strumento è diffusa
prevalentemente in provincia di Salerno e la particolarità è che il chanter
corto viene suonato con la mano sinistra mentre quello lungo, con la chiave, è
suonato con la destra. Questi strumenti cono costruiti con due tipi di legno:
le campane in acero e fusi in olivo. La sacca è costituita da una pelle di
capra, a pelo interno, i cui fori sono cuciti tranne una zampa posteriore dove
alloggia il cannello d’insufflazione e il collo in cui si posiziona il ceppo.
Le canne, che partono tutte dal ceppo, si chiamano destra o dritta o ritta, poi
c'è la mancina o manca; il bordone maggiore si chiama trombo o contra e il
bordone minore fischietto o moschetto o scandillo. Tutte le ance sono doppie.
La manca è di mm. 382, presenta cinque fori (uno posteriore per il pollice sx)
con il IV foro doppio di cui uno, il destro, tappato da cera: vi sono anche
cinque fori di intonazione il primo tappato. due alla fine del fuso e due sulla
campana. La ritta è di mm. 694 con nota grave Sol, ha tre fori più uno
comandato da una chiave in ferro. La chiave è nascosta da un barilotto con
molti fori e la campana mostra quattro fori d’intonazione. I due bordoni non
hanno fori, presentano un tappo di sughero per silenziarli, sono di mm. 319 e
mm. 145 ed emettono Re e Sol; i fusi sono in due pezzi, di ulivo e di acero.
M. 94. Flauto nasale “L’INDIA JAZZ FLUTE”. Questo
strumento è un piccolo dispositivo che si suona col naso. Il meccanismo di
produzione del suono è simile a quello di un flauto dolce: l’aria emessa dal
naso si frange su un margine affilato e indirizza il flusso verso la bocca
aperta del suonatore in modo che il movimento delle guance modifichi il volume
interno e quindi l’altezza delle note. Nella seconda metà del XIX secolo, il
flauto da naso era realizzato in legno, metallo o avorio, successivamente fu costruito
in latta e fu commercializzato anche con altri nomi come Magic Flute, Humantone
e Humanaphone. Alla fine degli anni '30, i flauti nasali in plastica furono
introdotti come giocattoli per bambini e divennero piuttosto popolari. Questo
strumento fu prodotto negli USA e distribuito in Francia da Roger Lagrange di
Arcueil nel primo decennio del XX secolo. E tutto in latta, alto mm. 85 e largo
mm. 53. La parte superiore presenta due alette che coprono le narici, l’aria
emessa è convogliata in una stretta fessura e si frange su una sottile lamina.
La parte inferiore presenta una fessura quadrangolare, sormontata da una
piccola mensola su cui poggia il labbro superiore, che permette di aspirare
l’aria ed emettere il suono utilizzando il cavo orale come cassa di risonanza.
M. 95. Ceppo di surdulina in Do, lucana, databile
alla prima metà del XX secolo, con due chanter e due bordoni. Lo strumento è
attribuito a Carmine Salamone, uno dei grandi virtuosi della surdulina,
nell'area del Pollino: originario di San Paolo Albanese, ma vissuto nel
territorio di Terranova di Pollino, in Val Sermento. Ci sono due chanter di
pari lunghezza di mm. 200, un bordone minore (quello acuto detto fischietto o
scandillo) di mm. 133 e un bordone maggiore (trumm o trombone) di mm. 268,
tutti con cameratura interna cilindrica e dotati di ance semplici ricavate
incidendo piccole canne di fiume. Questo strumento è costruito tutto in legno
di gelso. Tutte le canne terminano in padiglioni del diametro di mm. 58 per i
chanter, 64 e 42 per i bordoni, con funzione solo estetica perché il canneggio
interno è sempre cilindrico. I due chanter, con quattro fori per le dita per
ritta e manca: sulla prima vi è un foro di risonanza mentre la seconda e
zeppata da un pezzo di legno che permette di silenziarla chiudendo tutti i
fori. Il ceppo, tronco-conico, è alto mm. 120, e largo, alla base 84 e
superiormente 60. Su di esso vi è un pezzo di cera d’api per modificare
l’apertura dei fori correggendo quindi l’intonazione.
M. 96. Castagnette in ebano. Le castagnette sono
idiofoni a scuotimento costituiti da un pezzo centrale, a forma di conchiglia
di S. Giacomo, che termina con un lungo manico e due battenti concavi,
incernierati alla parte superiore dello strumento, della stessa forma del pezzo
centrale. Il suono è generato dalla concussione delle due valve libere contro
il pezzo centrale. Quelli in ebano sono strumenti professionali, per
percussionisti in orchestra. La prima è una castagnetta singola, lunga mm. 185
mentre la larghezza delle valve è di mm. 45. La seconda è una castagnetta
doppia, costituita da un manico centrale che termina, ad entrambe le estremità,
con due pezzi centrali a cui sono incernierate, con tessuto rosso, le due
valve. La lunghezza totale è di mm. 248. Gli strumenti sono databili alla metà
del XX secolo.
M. 97. Scetavajasse napoletano, databile ai primi
decenni del XX secolo. Lo scetavajasse è uno strumento musicale formato da due
bastoni di legno, uno dentellato, più lungo, con dei piattini di latta su uno
dei suoi lati: questo è tenuto generalmente nella mano destra e sfregato con
gran forza sull’altro bastone per produrre un suono ritmico e intenso (detto
nfrunfrù), nel tentativo, secondo alcune fonti, di rievocare il suono delle
onde del mare. L’altro bastone, più piccolo e a sezione quadrangolare è tenuto
sulla spalla producendo un suono composito provocato dall'urto della
dentellatura sul legno e dal tintinnio dei dischetti. Il movimento del
musicista può ricordare quello di un violinista. Lo scetavajasse trae origine
da un uso domestico ancor prima che musicale. La parola stessa, in effetti,
vuol dire sveglia (sceta) serve (vajasse), operazione effettuata proprio
sfregando tra loro i due bastoni di cui è costituito questo strumento. Molto
spesso lo scetavajasse, nelle feste popolari, non è utilizzato da solo ma
accompagnato dal putipù e dal triccheballacche. Lo strumento è lungo mm. 660:
ad un capo sono fissati due piattini di latta del diametro di mm. 110 e
sull’altro sono fissati due risuonatori di campanelli per biciclette con tre
sonagli sferici in ottone. Sul lato opposto alla parte dentellata vi sono
tredici sonagliere, costituiti ognuno da quattro piattini di latta di
dimensioni decrescenti. Il bastone piccolo, a sezione rettangolare, è lungo mm.
540.
M. 102. Trombe di S. Pietro realizzate nel 2022. Gli
strumenti sono tre: la prima, di forma tronco-conica, in terracotta graffita e
non smaltata con imboccatura smaltata gialla. Lo strumento proviene dalla
manifattura Francesco Annicchiarico di Grottaglie (TA). Otre la ricca
graffitura su tutto il corpo, vi sono sette fiori nella parte inferiore del
corpo. La lunghezza totale è di mm.262, il diametro della campana è di mm.108 e
quello del bocchino di 48. La seconda tromba è di forma circolare, in
terracotta non smaltata con imboccatura smaltata gialla. Lo strumento proviene
dalla manifattura Francesco Annicchiarico di Grottaglie (TA). Il diametro
massimo della spira è di mm. 201, quello della campana di 111 e quello del
bocchino di mm.49. La terza è di forma circolare con campana a forma di testa
di gallo, in terracotta non smaltata con imboccatura smaltata gialla. Lo
strumento proviene dalla manifattura Francesco Annicchiarico di Grottaglie
(TA). Il diametro massimo della spira è di mm. 121 e quello del bocchino di
mm.47.
M. 103. Ocarine in terracotta non smaltata prodotte a
Grottaglie (TA) negli ultimi anni del XX secolo. I due strumenti presentano
otto fori superiori e due sulla faccia inferiore più un foro alla punta,
esterno alla camera sonora, per appendere lo strumento. La nota più grave
emessa dalle due ocarine è il Si, la loro lunghezza è mm. 161 e 163 e mostrano
tre piccoli piedini sulla faccia inferiore.
M. 104. Triccheballacche napoletano, databile alla
metà del XX secolo, anonimo. È in legno dipinto in verde e rosso con
ventiquattro coppie di piattini distribuiti sui martelletti, sui fusti e sulla
struttura del telaio. L’altezza del martelletto centrale è di mm. 619, la
larghezza del telaio che regola la corsa dei martelletti è di mm. 483 e la base
di mm. 176. Il triccheballacche è uno strumento musicale tradizionale
dell'Italia meridionale, tipico dell'area di Napoli, formato da tre martelletti
in legno intelaiati fra loro. I tre martelletti sono paralleli fra loro, mentre
i due telai in legno sono perpendicolari rispetto ai martelletti. Il telaio
posto nella parte inferiore unisce i tre martelletti, il secondo telaio posto
più in alto permette ai due martelletti esterni di avere un'escursione,
governando al contempo il gioco massimo che gli stessi possono avere mentre il
martelletto centrale è fisso. In alcuni esemplari i martelletti hanno sonagli e
campanellini, per fare in modo che ogni battito del martelletto produca un
suono percussivo e il suono dei piattini.
M. 105. Campanaccio da mamuthones, sardo, tutto in
ottone, databile alla prima metà del XX secolo. lo strumento, ha una larghezza
massima di mm. 116 per mm, 125 di altezza. ha un batacchio in ferro, un manico
e una decorazione ad onde. Lo strumento è un cuartesa, è infatti di forma
tonda, utilizzato soprattutto nel Campidano mentre le dimensioni lo collocano
come dezinu, di dimensioni intermedie. La raffinata fattura e il metallo
impiegato fanno pensare ad un uso musicale, piuttosto che al collo di un bue. I
campanacci non hanno destinazione propriamente musicale, ma servono, in
primaria funzione, per segnalare ai pastori la presenza delle greggi e, allo
stesso tempo, per evitarne la dispersione.
M. 106. Triccheballacche campano, databile alla metà
del XX secolo, anonimo. È in legno mordenzato noce con cinque coppie di
piattini, ricavati da pezzi di latta dipinta di rosso, distribuiti sui
martelletti. L’altezza del martelletto centrale è di mm. 494, la larghezza del
telaio che regola la corsa dei martelletti è di mm. 445 e termina con nastrini
colorati. Il telaio posto nella parte inferiore unisce i tre martelletti, il
secondo telaio posto più in alto permette ai due martelletti esterni di avere
un'escursione, governando al contempo il gioco massimo che gli stessi possono
avere mentre il martelletto centrale è fisso. In alcuni esemplari i martelletti
hanno sonagli e campanellini, per fare in modo che ogni battito del martelletto
produca un suono percussivo e il suono dei piattini.
M. 107. Ciaramella campana, costruita a Teggiano alla
metà ‘800, era utilizzata in coppia con la cornamusa mancina. Questo strumento,
finemente tornito, è composto dal corpo e dalla campana in castagno uniti a
vite. Il corpo presenta otto fori anteriori, l'ultimo tappato da cera, e uno
posteriore più uno di risonanza posto lateralmente in prossimità della campana
sulla quale sono praticati altri due fori di risonanza. Lunghezza totale mm.
343.
M. 108. Cornamusa a chiave in Sol (tre palmi),
costruita a Prato Perillo, frazione di Teggiano, in provincia di Salerno. Il
chanter corto viene suonato con la mano sinistra mentre quello lungo, con la
chiave, è suonato con la destra. Questi strumenti cono costruiti con due tipi
di legno: le campane in acero e fusi in olivo. Non vi è la sacca ma solo il
ceppo, di mm. 180, con le quattro canne e l'imboccatura con la valvola di non
ritorno. Le canne, che partono tutte dal ceppo, si chiamano destra o dritta o ritta,
poi c'è la mancina o manca; il bordone maggiore si chiama trombo o contra e il
bordone minore fischietto o moschetto o scandillo. Tutte le ance sono doppie.
La manca è di mm. 430, emette il Mi come nota più grave, presenta cinque fori
(uno posteriore per il pollice sx) con cinque fori di intonazione il primo sul
corpo, due alla fine del fuso e due sulla campana. La ritta è di mm. 662 con
nota grave La, ha tre fori più uno comandato da una chiave in ferro. La chiave
è nascosta da un barilotto con otto fori e la campana mostra quattro fori
d’intonazione. I due bordoni non hanno fori, presentano un tappo di sughero per
silenziarli, sono di mm. 359 e mm. 125 ed emettono Do e La; i fusi sono in due
pezzi, di ulivo e di acero. l'imboccatura è di mm. 119 e, alla sommità,
presenta il consueto cannello in plastica. Vi è anche un altro bordone di mm.
319 3 una campana di mm. 109.
M. 109. Campanacci sardi da bestiame e da mamuthones a
bocca ovalare, databili alla prima metà del XX secolo. I campanacci sono otto,
in ottone: I primi tre con batacchio costituito da un piccolo campanaccio in
ottone, gli altri con batacchio in ferro. Le dimensioni sono: il primo bocca 88
x 70 h. 104, il secondo bocca 72 x 62 h. 101, il terzo bocca 80 x 63 h. 92, il
quarto bocca 84 x 72 h. 98, il quinto bocca 70 x 59 h. 94, il sesto bocca 74 x
61 h. 90, il settimo bocca 72 x 60 h. 86 e l’ottavo bocca 65 x 55 h. 82.
M. 110. Quattro conocchie sonore di area calabrese
databili tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo. La conocchia
aveva una funzione d'uso (strumento per la filatura) e una simbolica (simbolo
del lavoro femminile e delle virtù domestiche). In genere era costituita da un
manico, un rigonfiamento e una figurina presso la sommità rappresentante la
donna amata. La conocchia è connessa al lavoro domestico e alle virtù femminili
per cui spesso era dono nuziale o di fidanzamento. Alla conocchia sonora sono
attribuite altre valenze simboliche aveva, infatti, una funzione di controllo
sul lavoro: il movimento di sassolini, pallini, legumi secchi o altro,
contenuti nel rigonfiamento, determina una sorta di scansione ritmica che
accompagna il lavoro e impedisce di tralasciarlo. È stato anche ipotizzato uno
originario scopo di carattere magico: il suono doveva servire per tenere
lontani gli spiriti maligni. Hanno tutte un manico cilindrico con piede
inferiore. La prima ha il rigonfiamento a cinque stecche esterne e cinque
interne ad incastro con fascetta di contenimento e sassolini all'interno.
Quelle esterne sono decorate con disegni neri su fondo ocra mentre le interne
sono colorate in rosso. La parte terminale è costituita da una figura femminile
in piedi, con lunghi capelli, collana, orecchini e una sorta di corona sul
capo. Il mantello è dipinto di azzurro con fregi gialli mentre il vestito è
rosso. L'altezza complessiva è di mm. 298, il diametro del rigonfiamento di mm.
60 e l'altezza della figura di mm. 114. La seconda ha il rigonfiamento a cinque
stecche esterne e cinque interne ad incastro, dipinte in marrone scuro, con
fascetta di contenimento e sassolini all'interno. La parte terminale è
costituita da una figura femminile in piedi su piedistallo, con capelli
raccolti dietro la nuca e mani poggiate sul ventre. L'altezza complessiva è di
mm. 314, il diametro del rigonfiamento di mm. 60 e l'altezza della figura di
mm. 114. La terza ha il rigonfiamento a quattro stecche esterne e quattro
interne ad incastro, dipinte in marrone, con fascetta di contenimento e
sassolini all'interno. La parte terminale è costituita da una figura con elmo,
stilizzata su base quadrangolare, in piedi su piedistallo. L'altezza
complessiva è di mm. 253, il diametro del rigonfiamento di mm. 53 e l'altezza
della figura di mm. 98. La quarta ha il rigonfiamento a quattro stecche esterne
e quattro interne ad incastro, dipinte in marrone scuro, con fascetta di
contenimento e sassolini all'interno. La parte terminale è costituita da una figura
femminile in piedi con lunghi capelli raccolti dietro le spalle, mani sul
ventre e vestito ricamato. L'altezza complessiva è di mm. 268, il diametro del
rigonfiamento di mm. 55 e l'altezza della figura di mm. 99.
M. 111. Sirena da segnalazione navale (klaxon)
francese, costruita nel 1874. Lo strumento è interamente in ottone, lungo mm.
548, il diametro della campana è di mm. 158. Emette la nota Re. Sul foro di
sfogo vi è la scritta: "AUTOMATIC - ANCHE", BTEÉ S. G. D. G., MODEL /
DEPOSÉ. Sull'imboccatura la scritta è: BREVETE / S. G. D. G. / FRANCE &
ETRANGER e, sul lato opposto, il monogramma G C. Sulla base della tromba vi è
la scritta: LE TROMBLON / BREVETE S. G. D. G. / MODELE DEPOSE. Sulla punta del
risuonatore interno vi è la scritta: BREVETE S. G. D. G. La Tromblon fu una
nave cannoniera a vapore e vele ausiliarie (cannoniera) della Marina francese
in servizio attivo dal 1875 al 1881. Partecipò alla campagna di Tunisia del
1881. Concluse la sua carriera nel 1898 come nave bersaglio e finì affondata
nell'Anse aux Sablette dal fuoco della batteria Saint-Elme non lontano da
Saint-Mandrier nel Var, un chilometro a sud della Pointe de Saint-Elme.
M. 112. Ocarina in Do, realizzata in filamento di
acido polilattico (PLA) bianco con stampante 3D da Vincenzo Annicchiarico di
Grottaglie. Lo strumento è lungo mm. 135, largo mm. 80 all’imboccatura e lo
spessore massimo è di mm. 45. Vi sono otto fori anteriori (il terzo e il
settimo doppi) e due posteriori.
M. 113. Fischietti popolari realizzati in filamento di
acido polilattico (PLA) con stampante 3D da Vincenzo Annicchiarico di
Grottaglie. Il primo è bianco e l’altro in PLA nero. Le dimensioni sono di mm.
50 x 25, presentano un sottile foro di insufflazione e, superiormente, il foro
del labium.
M. 114. Fischietto popolare ottenuto da un grosso
nocciolo di albicocca. Questo fischietto si realizza tagliando la parte
superiore del nocciolo in modo da ottenere un margine affilato su cui si frange
l’aria e svuotando la mandorla interna per creare una camera di risonanza.
N. 6. Flauto turco, risalente agli ultimi
decenni dell’impero Ottomano. Lo strumento, in bronzo, è lungo 778 mm., ed è
aperto da entrambe le estremità. Il flauto si suona tenendolo obliquo e
appoggiando l’estremità superiore al labbro inferiore, presenta due fori
armonici al piede, sette fori anteriori e uno posteriore per produrre le note.
N. 7. Flauto dolce (cevara) a torretta, XIX
sec., manifattura orientale, 7 fori più portavoce, legno rossiccio mordenzato
scuro con fregi in argentone.
N. 8. Flauto dolce (cevara) databile alla fine
del XIX secolo, imboccatura a torretta e finale a bulbo, corpo di legno di
mogano con sette ghiere, imboccatura e piede in ebano. E’ lungo mm. 670,
presenta sette fori anteriori, un portavoce posteriore più un foro di risonanza
al piede.
N. 9. Siringa (flauto di Pan) doppia boliviana,
in canna di bambù, XX secolo. Le siringhe sono costituite da una serie di
flauti di diversa lunghezza tenuti insieme in forma di zattera. Le canne non
hanno fori per le dita, l'estremità inferiore è chiusa e il suono è prodotto
soffiando attraverso i fori dell'estremità superiore.
N. 10. Dvojnice, due esemplari della prima metà
del XX secolo, uno (317 mm.) a canna semplice (frula) con sei fori nella parte
anteriore e l’altro (321 mm.) a canna doppia con quattro fori anteriori sulla
canna destra e tre su quella sinistra. I dvojnice sono flauti policalami della
Dalmazia, riccamente decorati con intagli a figure geometriche e ricavati da un
solo blocco di legno.
N. 17. Gusla, strumento ad arco di origine serba o
dalmata in cui corpo e manico sono ricavati da un unico pezzo di legno (acero)
riccamente intarsiato; l’unica corda, governata da un lungo pirolo che
attraversa il manico, è di pelli di cavallo ritorti e anche i crini dell’arco
sono di cavallo. Il piano armonico è formato da una membrana di pelle di pecora
tesa sul bordo della cassa mentre la corda passa attraverso un foro praticato
sulla parte superiore del ponticello. Il suonatore suona stando seduto, tenendo
lo strumento verticalmente sulle ginocchia e cantando; la gusla non ha un
proprio corista fisso ma si adegua a quello del cantore che con essa si
accompagna. Poiché non vi è tastiera, le corde sono tastate, lateralmente, con
la parte carnosa delle dita indice, medio e mignolo (l’anulare non è mai
usato), senza premere sul manico. La misura è di mm. 625 compreso il manico
scolpito a forma di testa equina mente l’archetto, anch’esso decorato è di mm.
398.
N. 41. Kis-la, salterio finnico del XIX secolo.
Questo antico strumento faceva parte della collezione di Alessandro Kraus (nato
a Firenze, 12 ottobre 1853 e morto a
Fiesole, 21 maggio 1931) che è stato un famosissimo musicologo, pianista,
organologo e collezionista di strumenti musicali sammarinese. Lo strumento è
estremamente importante dal punto di vista organologico, storico e documentario
in quanto rarissimo anche perché estinto presso l'etnia di provenienza. Esso risulta sull'elenco degli strumenti della
collezione Kraus al numero 199 della sua archiviazione: la dicitura del
catalogo riporta: Kis-la, Salterio dei Ceremissi. L'etichetta originale
manoscritta dal Kraus riporta la dicitura: Kisla / Salterio dei Ceremissi / di
Siberia / XIX S° / (Asia). Questo strumento fu acquistato e portato in Italia
dallo stesso Kraus durante il suo soggiorno in Nord Europa, (Alessandro Kraus
musicologo e antropologo, Gabriele Rossi Rognoni, Giunti Editore, 2004) ed egli
ne descrisse anche le tecniche esecutive e le possibilità timbriche. Questo
strumento presenta ventuno corde in budello originali, lungh. mm. 840, piroli
di legno. La tavola (in due pezzi) e il corpo sono in abete e sulla tavola vi
sono due assicelle di legno duro, ad arco di parabola, tra cui son tese le
corde.
N. 42. Gadulka bulgaro, costruito ala metà del XX
secolo. Questo è lo strumento a corde sfregate più rappresentativo nei
complessi di musica popolare bulgara. È piriforme e ricorda molto la ribeca,
essendo il manico e il corpo ricavati da un unico pezzo di legno scavato e da
una grossa tavola armonica sovrapposta con due fori di risonanza a forma di D.
A differenza di altri tipi di fidule e lire, il gadulka, oltre alle tre corde
di canto, è armato con numerose corde di risonanza. Questo strumento ha tre corde
di canto in metallo che sono accordate in La, Mi, La mentre le nove corde
simpatiche sono accordate in Si, Do#, Re, Mi, Fa#, Sol, Sol#, La, Si. I piroli
sono intagliati a coltello, molto robusti quelli per le corde di canto e il
sostegno per quella centrale, più esili gli altri: dai piroli partono le corde,
senza un capotasto e giungono al ponticello i cui intacchi sonno superficiali
per le corde di canto mentre sono molto profondi per quelle simpatiche. Questo
strumento si suona in posizione verticale con un archetto con dei crini di
cavallo e le note sono prodotte toccando leggermente le corde senza spingerle
fino al manico.
N. 48. Fujara multiplo con testata unica e tre
piedi (in Fa, in Sol e in La) costruito da Dušan Holík con legno scolpito e
pirografato a figure floreali. Il fujara è fatto da un lungo ramo di sambuco
che è stato lasciato asciugare per diversi anni prima di essere svuotato a
mano, mentre un ramo più piccolo di circa 70 cm. è usato per il tubo
d’insufflazione alla cui estre3mità è posto un cannello d’imboccatura in acero:
i due elementi sono tenuti insieme da
legacci in cuoio e comunicano tramite un ponte posto alla sommità dello
strumento. È un flauto contrabbasso slovacco (letteralmente canna del pastore),
conosciuto solo in una piccola area tra le montagne della Slovacchia centrale e
la regione Podpol'anie (ai piedi della catena montuosa Polana), ha avuto
notevole diffusione nel XX secolo divenendo un simbolo della cultura slovacca,
che l'UNESCO ha dichiarato, nel 2005, patrimonio culturale intangibile
dell'umanità. Il fujara è un flauto armonico con tre fori per le dita posti sul
piede e gli armonici sono prodotti variando della pressione d’insufflazione. La
lunghezza dello strumento è cm. 200 col piede in F, cm. 180 col piede in G e
cm. 160 col piede in A.
N. 49. Midwinterhoorn (letteralmente corno di metà
inverno) olandese, databile ai primi del ‘900. Questo è un antico strumento a
fiato da segnalazione i cui primi documenti iconografici risalgono al XV
secolo, è usato ancora oggi nel Twente, nel Veluwe, nel sud est di Drenthe,
nell’Achterhoek e in alcuni borghi in Germania appena oltre il confine come
strumento folklorico. È simile a un corno alpino: ha il corpo, leggermente
curvo, di betulla, con un bocchino di legno di sambuco di forma spiccatamente
ovoidale. È un corno naturale e produce solo degli armonici. Nel Twente e ad
Achterhoek è suonato solo tra la prima domenica di Avvento
("anbloazen") e l’Epifania ("afbloazen") propagando il suo
suono cupo e maestoso su tutte le valli. Lo strumento è lungo mm. 790 mentre il
bocchino è di mm. 140.
N. 51. Charango boliviano, anonimo ma attribuibile
a Isaac Rivas Romero (1913 - 1976), risalente alla prima metà del XX secolo,
commercializzato in Messico. Questo è uno strumento a cinque cori di due corde
(accordate in Mi5-Mi5, La4-La4, Mi5-Mi4, Do5-Do5 e Sol4-Sol4), che ha per cassa
la corazza di un armadillo. Quando gli spagnoli conquistadores arrivarono in
Sud America, portarono la vihuela e il liuto. La storia dice che ai musicisti
nativi piaceva il suono di questi strumenti ma mancava loro la tecnologia per
modellare il legno in doghe per cui utilizzarono il guscio dell’armadillo. Il
charango nasce nella prima parte del XVIII secolo nella città di Potosi nel
Reale Audiencia di Charcas e mantiene tuttora la strana accordatura simile ad
altri strumenti sudamericani. Gli armadilli sono attualmente una specie
protetta per cui gli strumenti costruiti dalla seconda metà del secolo scorso
sono interamente in legno. Questo strumento è lungo mm. 621 e un diapason di
mm. 351, ha la tavola in abete con buca circolare e, all’interno, la scritta
moli.. / gua.. / a. obregon.
N. 55. Kaval bulgaro databile alla prima metà del
XX secolo. Gli strumenti tipici della musica popolare bulgara sono il kaval e
una cornamusa chiamata gaida. Lo
strumento è in tre parti di legno di frassino con due ghiere in corno chiaro e
le due estremità dipinte di nero, ha otto fori (7 davanti e uno sul retro per
il pollice) più quattro fori d’intonazione vicino al fondo. A differenza del
flauto traverso, il kaval è completamente aperto alle due estremità, ed è
suonato soffiando sul bordo affilato di un’estremità. È lungo mm. 630, il
diametro dei fori è di mm. 8, il foro d’imboccatura è di mm. 16.
N. 56. Djura gaida marchiata Π Д, databile alla
metà del XX secolo. Questo strumento, che ha una tonalità più alta e proviene
dalla Tracia, è solitamente suonato per le melodie mentre è preferita la
variante più bassa chiamata Kaba Gaida, per accompagnare canti e ballate. La
gaida, (gajda), è una cornamusa diffusa nelle regioni balcaniche; è suonata in
Bulgaria, Macedonia, nelle regioni della Tracia e in Grecia. Strumenti simili
sono reperibili in Albania, Romania, Turchia e in generale in tutta la penisola
balcanica. Il sacco dello strumento è ricavato dalla pelle di capra o pecora
trattata. Attraverso una canna, corta e conica, detta insufflatore, il
suonatore riempie d'aria la sacca, una valvola di non ritorno fa in modo che
l'aria introdotta non possa fuoriuscire dalla canna stessa ma sia obbligata a
farlo attraverso il bordone, che da' una nota continua, e attraverso il chanter
che permette di modulare i suoni attraverso l'apertura e chiusura con le dita
dei fori. Il bordone durante l'uso della gaida è appoggiato sulla spalla del
musicista. Questo strumento è in frassino, l’insufflatore è di mm. 83, il
chanter di mm. 247 e il bordone, in tre pezzi, di mm. 537. Il chanter è
cilindrico, ha sei fori anteriori, uno posteriore e il foro della pulce
anteriore per i semitoni e una ancia semplice come quella del bordone.
N. 69. Tamburitza, sorta di piccolo liuto a fondo
piatto e collo stretto e lungo di origine persiana ma affermatosi nella musica
popolare croata. Lo strumento è databile alla prima metà del XX secolo,
marchiato Shneider / ZAGREB. Francis Schneider (29 mar 1903 Končanica vicino a
Daruvar - 30 novembre 1966 Zagabria), tredicenne, fu allievo di Lenhardt a
Pecs, lavorò poi per Pilat a Budapest
fino al 1924. Dal 1925 aprì un suo laboratorio a Pakrac ed a Zagabria
dal 1928. Stabilisce qui la prima e la più grande fabbrica di strumenti
musicali nella ex Jugoslavia e impiega 35 dipendenti nella costruzione di
strumenti a pizzico ed arco, copiando le forme dei grandi liutai italiani e
inventando anche un dispositivo per misurare l’elasticità delle superfici
risonanti. Il "laboratorio del Maestro per il restauro e la costruzione
degli strumenti ad arco Bang. Franjo Schneider" è stata creato nel 1983
grazie alla donazione della figlia Erna Schneider Nikolic, per la conservazione
e la gestione della Scuola di arti applicate, e, nel 1994, la Scuola di Musica
di Zagabria diretta da Darko Stipešević. Lo strumento è a cinque corde, è lungo
complessivamente mm. 625 mentre la cassa, scavata in unico blocco di legno, è
di mm. 151 x 215. Vi sono 23 tasti metallici, la tavola è in abete, senza buca,
la parte superiore è rivestita da una sottile lamina di palissandro mentre la
parte inferiore mostra due rose a cinque fori.
N. 84. Frula serba, databile
alla seconda metà del XX secolo. Questo flauto dritto fa parte degli strumenti
pastorali usati in Serbia ma anche in Croazia e in molti Paesi balcanici. È
riccamente decorato con intagli a figure geometriche e ricavati da un solo
blocco di legno, a canna semplice, con cinque fori nella parte anteriore e un
labium approssimativo per una lunghezza di mm. 320.
Ciao, sonó una signora española che poseído una mandolina sulla che viene scritto
RispondiEliminaGennaro rubino
Fabricante di strumenti armonici
Fratelli vinaccia
Napoli
Strada s.chiara 32-33
Anno1878
Vorrei sapere se leí mi aiuta il prezzo e come potro venderla dato che la ho ereditata di mía nonna.
Mi tf e 0034607643838 es un mío mail carmenmuro2@gmail.com
Buonasera signora,
Eliminaper favore può mandarmi delle foto, collezionespada@gmail.com
a presto
Francesco